Il 10 agosto, un tempo l’unico giorno al mare per molti romagnoli

Sono arrivate le vacanze e anche il Corriere Cesenate chiuderà per ferie. Per quanto mi riguarda impiegherò questo tempo per raccogliere le belle storie di vita degli ospiti delle tante case di riposo sparse sul territorio della nostra Diocesi, ma avremo tempo di parlarne con la ripresa regolare il 24 agosto.

Nei prossimi giorni l’argomento principale dei telegiornali sarà “l’esodo”, e non ci si riferisce né al viaggio del popolo Ebraico verso la terra promessa, né a uno dei primi libri della Bibbia.

Esodo è diventato sinonimo di partenza di massa per le vacanze. Tutti siamo informati del procedere a passo d’uomo sulle autostrade e troppo spesso anche delle inevitabili vittime causate dagli incidenti. Un tempo, quando i termini erano utilizzati in senso proprio e le vacanze servivano ai pochi che se le potevano permettere per ritemprarsi, non ci si sarebbe neppure sognati di utilizzarle per trasgredire.

Fino agli anni quaranta del Novecento il culmine della bella stagione arrivava il 10 agosto, una giornata magica, e non solo per le spettacolari stelle cadenti che illuminavano di scie improvvise quelle notti già meno calde. A San Lorenzo si andava via da casa. Si partiva al mattino, tutti, con il carro trainato dai buoi, a cavallo e molti in bicicletta, per andare al mare. Il litorale si animava di intere famiglie che, rizzato il barroccino con le stanghe alte e una coperta per fare più ombra, si accampavano in allegria.

Da casa si portava il cocomero che veniva subito messo in una buca e ricoperto con sabbia umida; anche il vino veniva tenuto al fresco. Siccome ci andavano tutti, al mare, anche le nonne s’immergevano nell’acqua con i lunghi grembiuli lavandosi per ore con il sapone, e i bimbi giocavano in acqua. Tutti poi finivano a mollo, in quanto quel giorno l’acqua aveva la “virtù” di mantenere la salute; così il bagno lo facevano anche i cavalli, i buoi, gli asini oltre ai cani di casa.

Verso mezzogiorno dal largo rientravano in porto le barche dei pescatori, che approdavano per vendere il pesce che veniva preparato fritto o alla griglia. Naturalmente si consumava sempre anche il salame, la cipolla, le uova sode e il cocomero. Al tramonto si faceva rientro a casa.

Questa giornata in riva al mare per molti era l’unica vacanza dell’anno. Qualche fortunato sarebbe ritornato anche il giorno di Ferragosto, ma con un altro spirito. Vi era, infatti, la sensazione di strafare: altri tempi e altro senso della misura.

Subito dopo il 15 di agosto si cominciava a raccogliere le barbabietole ed era un lavoro duro, soprattutto se il terreno era secco, ma in genere pioveva a metà del mese (veniva “la burrasca”) e il terreno un po’ molle ne favoriva l’estrazione. Le bietole venivano poi ammassate a bordo campo in molti mucchietti. Una volta caricate sul carro col forcale, si portavano direttamente “a la zucarira / lo zuccherificio”. Era ancora buio quando si arrivava col prezioso carico per fare la fila davanti agli zuccherifici: a Cesena è ancora ben visibile l’imponente ciminiera e al posto dello zuccherificio ora troviamo gli uffici e la direzione della Cassa di Risparmio. Si tornava dallo zuccherificio con le polpe delle barbabietole lavorate, i “bigul”, che venivano mescolate alle scollettature e date al bestiame.

Ad agosto nell’aria si sentiva, a seconda del vento, l’odore di zucca cotta che veniva dagli zuccherifici fumanti durante la campagna saccarifera, ma si sentiva anche il puzzo delle polpe che colavano dai carri sulle strade.

Buone vacanze!

Diego Angeloni

Pubblicato giovedì 20 Luglio 2017 alle 00:01

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