Commento al Vangelo – IV domenica di Quaresima – Anno A

Dopo l’incontro con Gesù traspare una gioia nuova

Domenica 26 marzo (Anno A) – 4ª Domenica di Quaresima
1Sam 16,1b.4.6-7.10-13; Sal 22; Ef 5,8-14; Gv 9,1-41

La liturgia della IV domenica di Quaresima, la domenica della gioia, ci presenta l’episodio del cieco nato che ha ritrovato la gioia grazie alla guarigione operata da Gesù.

Il lungo racconto del Vangelo parla di due specie di cecità: quella fisica dell’uomo cieco dalla nascita e quella spirituale dei farisei, presunti vedenti, ma ciechi nell’anima. L’evangelista Giovanni, tuttavia, non vuole limitarsi a descrivere un miracolo del Signore, anzi lo narra in appena due versetti, ma è particolarmente attento a descrivere le discussioni suscitate da questo segno.

Sono tante le domande riportate nel brano evangelico. La prima preoccupazione dei discepoli, secondo la mentalità del tempo, deriva dal credere che la condizione dell’uomo, nato cieco, sia conseguenza di un peccato suo o dei suoi genitori.

Gesù respinge questo pregiudizio: quell’uomo non è così per colpa sua o dei suoi genitori, ma perché si manifestassero in lui le opere di Dio. Il Signore, di fronte all’uomo segnato dal limite e dalla sofferenza, pensa alla volontà di Dio che ha creato l’uomo per la vita e l’infermità diventa un’occasione per manifestare la Sua bontà.

Il cieco guarito viene prima interrogato dalla folla, poi dai dottori della legge che interrogano anche i suoi genitori. I farisei mettono in dubbio l’identità dell’uomo guarito; negano l’azione di Dio nella guarigione, prendendo come scusa che Dio non agisce di sabato; giungono persino a dubitare che quell’uomo fosse nato cieco.

Ma la cosa più importante è che quest’uomo, a partire da ciò che gli è accaduto, diventa testimone di Gesù e della sua opera. Ha incontrato Gesù Cristo e questo incontro lo ha toccato in profondità, riempito di una gioia nuova che traspare, si comunica, si trasmette agli altri. L’incontro con Cristo ha cambiato il cuore del cieco nato e la gente non lo riconosce più.

Il culmine del racconto è certamente la domanda del Signore: “Tu credi nel Figlio dell’uomo?” a cui il cieco risponde animato dalla fede: “Credo, Signore!” prostrandosi davanti a Lui. È questa la ragione profonda della nostra gioia alla quale il testo evangelico ci richiama. Il cieco guarito è approdato alla fede, e questa è la grazia più grande che ha ricevuto da Gesù: non solo vedere, ma conoscere Lui, vedere Lui come “la luce del mondo”.

Contemporaneamente i farisei, chiusi nella loro presunzione di avere già la luce, sprofondano sempre più nella loro cecità interiore. A volte purtroppo la nostra vita è simile a quella dei farisei e pieni di orgoglio giudichiamo gli altri e perfino il Signore.

Ci dimentichiamo che siamo tutti ciechi nati ma, come affermò papa Benedetto XVI, “nel fonte battesimale siamo stati tutti illuminati dalla grazia di Cristo… in Cristo risplende la novità della vita e la meta alla quale siamo stati chiamati”.

Marco Castagnoli

Pubblicato giovedì 23 Marzo 2017 alle 00:00

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