Imprese e territorio di fronte alla crisi

A colloquio con Stefano Bernacci, segretario di Confartigianato federimpresa Cesena. Il punto sulla situazione delle aziende locali

di Michela Mosconi

Tecnologie digitali, formazione, coesione sociale. Tre parole chiave per navigare sui tempestosi mari dell’economia territoriale secondo Stefano Bernacci, segretario di Confartigianato federimpresa Cesena che nel territorio associa 3500 imprese e circa 300 nella Valmarecchia.

Come si presenta la situazione delle imprese nel territorio cesenate?

La situazione è abbastanza articolata. Non c’è più una distinzione né di territori né di settori, a parte i comparti che sono in evidente difficoltà come l’edilizia, in crisi ovunque. Ci sono imprese che hanno trovato modalità di innovare la loro presenza sul mercato e imprese che hanno mantenuto una maniera più tradizionale di operare. Queste ultime sono in difficoltà. Abbiamo imprese che sono cresciute pur in un momento di crisi. Questo significa che c’è una differenziazione anche dentro gli stessi settori. Il metalmeccanico tira molto, anche perché si è specializzato, ha introdotto innovazione. Sto parlando di metalmeccanica di precisione che riesce ad acquisire ordinativi anche da fuori territorio. Abbiamo imprese metalmeccaniche che avevano problemi a trovare personale qualificato per i quali abbiamo fatto dei progetti come l’Accademia della meccanica o il progetto bottega-scuola.

Come è cambiato il mercato rispetto a qualche anno fa?

Dipende dai settori. Chi lavora per i mercati locali risente dei problemi legati alla crisi dei consumi e all’incertezza legata agli incassi. Il problema non è solo il mercato, ma le sue regole di funzionamento. Mi riferisco al tema dei pagamenti e alla giustizia civile. Per le imprese è difficile farsi pagare. Molte non accettano commesse non perché non siano potenzialmente redditizie ma perché hanno incertezze sulla riscossione. L’imprenditore non ha tutela dei propri diritti. Si parla spesso di giustizia penale, ma il vero è problema sono i tempi e i costi della giustizia civile.

Che strategie ha messo in campo Confartigianato per aiutare le imprese in difficoltà?

Cerchiamo di supportarle accompagnandole sul mercato. Il nostro progetto “Manifattura 4.0” è volto a favorire l’innovazione digitale nei processi produttivi. Vogliamo avvicinare le imprese alla conoscenza della rete e delle tecnologie della manifattura digitale a partire dall’esperienza con Fab Lab Romagna. Una sorta di artigianato digitale che comprende anche la creazione o l’accesso a piattaforme di vendita on line dei prodotti, superando i confini territoriali. Sono modalità che fanno parte della storia dell’artigiano come custode della tradizione e che da sempre sa coniugare innovazione, personalizzazione dei prodotti e creatività. Le nuove tecnologie sono un’opportunità per le piccole imprese, perché il costo di accesso è basso e il valore che crea ampio.

L’imprenditoria giovanile…

Se il nostro territorio ha una impresa ogni nove abitanti, le statistiche regionali dicono che la provincia di Forlì-Cesena è quella che ha la minor percentuale di nuove imprese o di imprese giovanili. Si tratta di favorire un avvicinamento dei giovani alla cultura d’impresa. Una volta il processo era semplice: i ragazzi entravano in azienda, facevano un percorso come apprendista dipendente e poi si mettevano in proprio. Questo ciclo non è più naturale. Oggi nascono imprese per disperazione, “non so cosa fare e mi improvviso”. Fare l’imprenditore è un processo complesso legato alla capacità di gestione del personale, dei conti, del controllo finanziario. Avere una buona idea non basta per diventare imprenditore.

Le banche e l’accesso al credito…

Il modello di sviluppo è sempre stato legato al fatto che nel momento in cui l’impresa partiva c’era una presenza capillare di banche del territorio che davano gli strumenti finanziari per iniziare. Questo modello è andato in crisi a causa di fattori che non sono legati solo alla crisi del mondo bancario, ma a tutta una serie di trasformazioni come la riforma delle banche di Credito cooperativo, o la riforma delle Popolari che vengono trasformate in società per azioni, o alla crisi delle Casse di risparmio. Si sta perdendo il valore delle banche territoriali. Nel momento in cui si perde l’attenzione al territorio, quelli che ne pagano il prezzo sono le piccole e medie imprese che non trovano strumenti finanziari su misura o quella disponibilità che c’era in passato.

Venuto meno questo punto di riferimento cosa si può fare?

Diventano indispensabili modelli innovativi e nuova progettualità. Un intervento cruciale riguarda un welfare di comunità in cui pubblico, privato, sindacati e associazioni costruiscano insieme efficaci strumenti mutualistici, per supportare un sistema che marcia in maniera separata. Si fa strada quello che per noi è un tema fondamentale, la coesione sociale. La nostra è una popolazione che invecchia, aumentano le esigenze e arriveranno meno risorse dallo Stato. Occorre un welfare legato ai contratti di lavoro con l’introduzione di interventi nel rapporto tra lavoratori e imprese per andare incontro ai bisogni delle famiglie. Noi abbiamo imprese familiari e il rapporto che si sviluppa va al di là della sfera economica. Molti imprenditori non hanno licenziato i dipendenti perché erano amici, parenti. Se abbiamo tenuto dal punto di vista dell’occupazione è per questa tipologia di impresa che va tutelata.

Cosa può dire in merito al tema burocrazia?

E’ un disastro. Gli enti preposti ai controlli hanno una logica da gabellieri, sanzionatoria. Non c’è un approccio educativo. L’impresa viene sempre punita, anche la più regolare perché non è facile districarsi nella complessità delle norme. Da una parte l’imprenditore non riesce ad affermare i propri diritti perché non esiste la giustizia civile. Dall’altra la burocrazia lo penalizza. O si crea un clima favorevole a fare impresa o si frena lo sviluppo.

Pubblicato giovedì 20 Ottobre 2016 alle 00:01

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