Commento al Vangelo – XXIII domenica del tempo Ordinario – Anno C

Solo amando il Signore è possibile amare veramente

Domenica 4 settembre (Anno C) – 23ª domenica Tempo Ordinario
Sap 9,13-18; sal 89; Fm 9b-10.12-17; Lc 14,25-33

Il brano di Vangelo della XXIII domenica del Tempo ordinario ci presenta Gesù che, con parole forti, ricorda alla folla le condizioni per diventare suo discepolo. Sono parole che sembrano contraddire il suo insegnamento e la nostra logica.

La prima condizione che pone è di amarlo più di tutte le nostre relazioni umane e più della propria vita. Vuole che l’amore per Lui sia al di sopra di tutto. L’allora cardinale Ratzinger in un testo dal titolo “Guardare Cristo. Esercizi di fede, speranza e carità” affermava: “L’amore senza un Dio creatore, il quale garantisce la bontà dell’esistente, perderebbe il suo fondamento e il suo terreno”. Senza Gesù noi rischiamo di non comprendere più il senso delle parole “padre”, “madre”, “marito”, “moglie”, “figlio”, “fratello”, “vita”, come la cronaca di ogni giorno ci conferma. Solo amando il Signore è possibile amare veramente. Mettere Cristo al primo posto significa riconoscerlo come senso, scopo, attesa della propria vita. E questo non ci deve far paura. Egli non è un concorrente dei nostri affetti, non toglie nulla, ma dona tutto.

La seconda condizione del discepolo di Cristo è portare la propria croce dietro di Lui. Quando si parla di “croce” si intendono le tribolazioni della vita di tutti i giorni. Gesù non parla solo di questo. Il Vangelo non usa un verbo che indica un’accettazione dell’uomo di quanto Dio ha stabilito. Non invita alla rassegnazione, alla sopportazione. La croce è la “certezza dell’amore incrollabile di Dio per noi”, ha affermato papa Francesco in occasione della Giornata della Gioventù di Rio de Janeiro. Essa non viene mai gettata da Dio sulle nostre spalle, ma presa dall’uomo, come conseguenza di una scelta libera. Il Signore non costringe alla sua sequela dei rassegnati, ma invita persone libere che con gioia lo seguono. Portare la propria croce ci ricorda il giorno del nostro Battesimo quando il sacerdote, i genitori e i padrini hanno fatto il segno di croce sulla nostra fronte sottolineando così l’adesione a Gesù e l’accettazione della sua morte per noi.

La terza condizione è quella della prudenza. Per farci capire la necessità di una scelta ben calibrata, Gesù racconta due parabole: quella del costruttore e quella del re. Il Signore vuole essere seguito da discepoli consapevoli, non superficiali. Non si tratta di fare calcoli per cercare di ottenere il massimo vantaggio con il minimo sforzo. Al contrario, il calcolo richiesto è quello di trovare il modo di portare la croce e viverla in ogni circostanza. Per seguire Gesù è necessaria la forza di saper rinunciare ai nostri beni. “Il discepolo di Gesù rinuncia a tutti i beni perché ha trovato in Lui il Bene più grande, nel quale ogni altro bene riceve il suo pieno valore e significato […] Il cristiano si distacca da tutto e ritrova tutto nella logica del Vangelo, la logica dell’amore e del servizio” (papa Francesco, Angelus 8 settembre 2013).

Marco Castagnoli

Pubblicato giovedì 1 Settembre 2016 alle 00:00

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