I figli non sono un diritto, sono un dono da accogliere. La Chiesa accoglie tutti, come il Padre misericordioso

Signor direttore,
le manifestazioni a favore delle cosiddette “Unioni Civili” e del ddl della senatrice Pd Monica Cirinnà spacciate come “Battaglie di civiltà” si configurano, a mio avviso, come un’esca ideologica-promozionale pronuba al consenso politico in una fase difficile per il governo.

Definirla battaglia di civiltà significa alzare un’egida opportunista di autodifesa e contemporaneamente d’attacco secondo il canone di sinistra per zittire chi si contrappone a scelte bacchettone. È lo stesso ritornello reiterato per favorire la realizzazione delle moschee “Una scelta di civiltà e un diritto sancito dalla Costituzione” farcito di insulti di fascismo, barbarie e razzismo, ma senza la consapevolezza di tenere il piede in due staffe col rischio di suscitare possibili conflitti sociali, leggi islamici. Come ci insegna il Vangelo “nessuno può servire due padroni”. È difficile conciliare atteggiamenti, tendenze e credenze che sono rifiutati a prescindere. È una grande ambiguità voler relativizzare con norme revisioniste le leggi naturali e incidere profondamente sulla formazione educativa e mentale dei bambini la cui innocenza non deve essere condizionata.

In questo contenzioso pseudo culturale si ignora la Costituzione, volendo aggirare l’art. 29 difeso, nel caso, da insigni giuristi argomentando la differenza tra unione omosex e coppie di fatto etero. Non si può essere revisionisti, progressisti e allo stesso tempo coerenti. Ben venga il referendum sul tema ipotizzato dal ministro dell’Interno Antonino Alfano; sia il popolo sovrano a esprimersi. (…)

Cordiali saluti.
Sergio Villa (Cesena)

Egregio direttore,
la proposta di legge sulle unioni civili delle coppie omosessuali ha risvegliato gli interessi politici degli italiani di tutti gli schieramenti. Questa legge deve decidere sul futuro concetto etico, sociale e politico della famiglia. Da battezzato, ma poco praticante, non ho nulla contro le unioni civili di persone dello stesso sesso, perché siamo tutti figli dello stesso Padre. Credo che Lui accetti tutti senza distinzioni. Rimane lo scoglio delle adozioni, non facile da risolvere perché ogni persona ha una sua concezione per quanto riguarda i figli. (…)

Chi fa politica, anche se al Governo del Paese, deve comunque ascoltare la piazza e cioè il luogo dove il popolo sovrano manifesta democraticamente le proprie scelte politiche. Credo che a decidere su una legge così importante per tutte le famiglie italiane, non debba essere il Governo, ma il popolo con un democratico referendum. (…)

Grazie per l’attenzione.
Marino Savoia (Cesena)

Caro direttore,
lunedì scorso ho visto due interventi sul Family Day di tenore contrario, ma ugualmente fuori bersaglio. Pietro Ichino mette sullo stesso piano il Family day di sabato scorso e le “piazze arcobaleno” in favore del ddl Cirinnà: per lui sono espressione di opposti estremismi che hanno in comune il rifiuto di ogni compromesso, mentre invece, lui dice, non esistono principi non negoziabili. Ma al contrario, tutti i principi, in quanto tali, sono non negoziabili. È invece nelle loro applicazioni concrete che si tratta di valutare come contemperare un principio con gli altri alla luce delle circostanze specifiche, e in questo senso “negoziare” tra diversi valori.

Ora nel dibattito sul ddl Cirinnà c’è in ballo l’affermazione o negazione di un principio: quello secondo cui una coppia omosessuale in quanto tale (ceteris paribus, o appunto, in linea di principio) sia altrettanto adatta e legittimata a esercitare la funzione genitoriale di una coppia eterosessuale. O viceversa, in altri termini, se ogni bambino abbia diritto ad avere come genitori i suoi genitori naturali (dunque una coppia eterosessuale), e in caso di impossibilità per forza maggiore, almeno un’altra coppia eterosessuale. Invece Antonio Socci si scandalizza perché papa Francesco non ha fatto un intervento pubblico a favore del Family Day. Tenendo presente che nei giorni precedenti il Papa aveva detto chiaramente, come riportato dai giornali, che la coppia omosessuale non si può equiparare alla famiglia, bisogna capire il motivo del suo successivo silenzio.

A me pare corretto che il Papa si attenga a un ruolo di pastore universale, testimone dei principi e delle verità di fede, senza prendere parte alla lotta “politica” (anche in senso alto), che riguarda non solo l’affermazione dei principi, ma anche, contemporaneamente, le modalità della loro applicazione. Questa (come appunto la discussione su una legge dello Stato italiano o una manifestazione pro o contro di essa) è giusto che resti responsabilità del laicato. Mi sembra che papa Francesco cerchi di parlare a tutte le coscienze, anche e soprattutto a quelle dei non credenti. Mi pare comprensibile che per farlo cerchi di evitare anche solo la sensazione, che potrebbe rendere tanti mal disposti di fronte all’annuncio cristiano, che il Papa sia un potere politico che cerca di interferire indebitamente con la dialettica democratica in Italia.

Teniamo presente che al Circo Massimo, oltre ai laici cattolici e non, c’erano anche molti politici, che erano presenti – legittimamente nel loro ruolo – in funzione di rappresentanza e di propaganda partitica.

Cordialità.
Mario Alai (Cesena)

Carissimi lettori,
il tema appassiona tutti. Lo vediamo molto bene per quello che accade in questi giorni sotto i nostri occhi. Per la mia risposta vi rimando all’editoriale di questa settimana e ai servizi e ai commenti che trovate alle pagine 3, 10 e 11 dell’edizione cartacea.

Mi limito a una breve replica su quanto scritto da Marino Savoia. Certo che nostro Signore accetta tutti senza distinzione. Accetta anche me e lei, e abbiamo già detto tutto. Il padre misericordioso ha riabbracciato il figliol prodigo che aveva dilapidato ogni sua sostanza con le prostitute. Lui aspettava che tornasse indietro. Una volta visto che rientrava non gli ha chiesto più nulla, non lo ha giudicato. Gli è bastato quel suo tornare alla casa del padre.

Secondo: lei scrive che “ogni persona ha una sua concezione per quanto riguardai figli”. Forse non ho capito bene. Mi limito a dirle che i figli sono un dono e non una concezione che può cambiare da una persona all’altra. Non sono nostri e proprio per questo non sono un diritto. Mi fermo.

Cordialità.
Francesco Zanotti
zanotti@corrierecesenate.it

Pubblicato giovedì 4 Febbraio 2016 alle 00:01

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