Commento al Vangelo – IV del Tempo Ordinario – Anno B

“Cosa vuoi da noi, Gesù? Sei venuto a rovinarci?”

Domenica 1 febbraio – 4ª Domenica Tempo Ordinario – Anno B
Dt 18,15-20; Salmo 94; 1Cor 7,32-35; Mc 1,21-28


“Che cosa vuoi da noi Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci?”. Ci colpisce che questa scena avvenga nella sinagoga, luogo di preghiera e di incontro. Ma forse è proprio per dirci che il primo luogo che deve essere purificato è la nostra comunità, la nostra famiglia.

Questo invita ciascuno di noi a partire da “dentro”, da quell’insieme di santità e di peccato, di entusiasmi e fatiche, di bellezza e di mediocrità che siamo noi. Allora, prima di puntare il dito fuori, siamo interpellati a riflettere sulla nostra vita di famiglia e di comunità, per far uscire da noi tutto ciò che è impuro: lamentarsi e brontolare perché gli altri non cambiano (marito/moglie, figli, sacerdote…) mentre noi siamo già bravi; criticare per distruggere quello che è fatto da altri anche quando è buono; le chiacchere fatte per spettegolare che hanno l’effetto di allontanare le persone; l’essere troppo attaccati al ruolo o al servizio che ci è stato affidato, tanto da non condividerlo con nessuno e arrabbiarci se viene affidato a qualcun altro.

“Che cosa vuoi da noi Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci?”. Viviamo in un oceano di parole, di messaggi superficiali che ci attirano e ci condizionano, che offrono apparenti sicurezze. Ma la nostra non è una fede di sole parole, siamo credenti a una sola condizione: se Cristo ci cambia la vita. Le parole dell’indemoniato “sei venuto a rovinarci?” ci rivelano l’imbroglio in cui a volte noi cadiamo, e cioè sentire Dio come un rivale della nostra felicità, un limite della libertà, e il suo Vangelo come un indebolimento dell’umano.

Immaginiamo Dio come colui che toglie, non come colui che dona. Ecco allora che la nostra fragilità, le difficoltà che incontriamo e i nostri limiti sono occasione privilegiata per continuare a scegliere Gesù, metterci nelle sue mani. Non serve essere perfetti, Gesù vuole discepoli che si lascino perdonare, amare, trasformare. Famiglie e comunità che abbiano il coraggio di camminare al suo fianco e di annunciare a tutti che con Lui o senza di Lui non è la stessa cosa.

Quando crederemo finalmente che Dio è venuto a darci in Gesù la vita in abbondanza, anziché portarcela via? Per essere raggiunti, toccati e trasformati dalla Parola di Gesù, occorre “tacere”, cioè stare in silenzio, fermarsi, interrompere la nostra frenesia di fare e dare tempo alla preghiera perché il seme porti frutto.

Sabrina e Andrea Delvecchio

Pubblicato giovedì 29 Gennaio 2015 alle 00:00

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