Padre Guglielmo, un’anima piena di Dio

Nelle parole di Anna Maria Cecchi il ricordo del frate cappuccino Servo di Dio tanto amato e conosciuto. In Cattedrale a Cesena, sabato 15 novembre alle 18, Messa presieduta dal vescovo Douglas

I devoti di padre Gugliemo Gattiani (nella foto) non si saranno lasciati sfuggire la data dell’11 novembre, giorno in cui è venuto al mondo nel 1914. Cento anni sono passati dalla nascita dell’indimenticato frate cappuccino, molto amato in città e in in tutta la Romagna. Ne traccia un suo ricordo Anna Maria Cecchi, pediatra 89enne, sua ’figlia’ spirituale e una delle persone che con lui ha condiviso tantissimi momenti.

“Ero il suo secondo autista”, dice lei sorridendo. Ricordi, emozioni e parole di una vita impossibili da descrivere tutti. “È stata una grazia averlo conosciuto e averlo così spesso a casa mia”, afferma Anna Maria Cecchi, originaria di Chivasso (Torino). “Con la mia famiglia trascorrevamo le vacanze da mia nonna a Cesena, dove ci siamo poi trasferiti alla fine nel ’43 a causa della guerra – racconta -. Da ragazzina, quando andavo ai Cappuccini ero affascinata da questo frate dalla bella voce e dagli occhi profondi. Un po’ alla volta è nata l’amicizia con lui: ti accorgevi che era diverso da come parlava e avvicinava le persone”.

Si apre la memoria. “Il giorno in cui si è aperto il processo di beatificazione di Benedetta Bianchi Porro, gli diedi un passaggio per Forlì. Nevicava e con l’auto andavamo pianissimo, ma arrivammo in tempo – ricorda -. In seguito lo accompagnai in ospedale dove si recava spesso in visita agli ammalati, rimanendo fino a tardi”.

Dall’aspetto umile (saio rattoppato e zoccoli ai piedi scalzi era la ’divisa’ d’ordinanza del frate cappuccino) aveva “un portamento nobile”. Delle sue parole e dei suoi gesti, la signora Anna Maria ha riempito diari e taccuini, “per non dimenticare nulla”. Scritti che poi sono stati molto utili per la fase diocesana della causa di beatificazione di padre Guglielmo, ottenendo il titolo di “Servo di Dio”.

Un altro aneddoto indelebile nella memoria è il viaggio in Terra Santa (uno dei tanti di padre Guglielmo) nella primavera dell’80. “Stavamo celebrando l’Eucarestia in mezzo al deserto, ma nessuno aveva portato dell’acqua con sé. Allora padre Guglielmo raccolse le ultime foglie dal terreno, le strinse sopra il calice e uscì dell’acqua”, dice.

Tra le mete preferite c’era Lagrimone, dove si recava una volta al mese a trovare la comunità di suore cappuccine che si erano ritirate nell’alto Appennino parmigiano per vivere integralmente, e dunque in assoluta povertà, la spiritualità di Santa Chiara. A qualche chilometro di distanza, c’è poi Querceto, dove con padre Natale e padre Lino ha fondato una fraternità francescana secolare.

Con lo sguardo fisso al Crocifisso e solerte nel meditare il Vangelo, padre Guglielmo non viveva in un mondo a se stante, ma “era informato sui fatti del mondo e aperto alle nuove tecnologie”. Un esempio è l’impegno che mise per TelePace, emittente televisiva specializzata in eventi religiosi. “In convento non voleva la televisione, diceva che la sua tv era stare davanti al tabernacolo – continua Anna Maria Cecchi -. Poi capì che poteva essere uno strumento per divulgare la fede e la parola di Dio. Allora si impegnò, raccogliendo fondi, per estendere TelePace anche in Emilia Romagna”.

Il suo sogno, racconta ancora, era vivere in una piccola comunità, in un ‘loghetto’, un piccolo luogo. “Ha incarnato la misericordia di Dio, tanta cara a papa Francesco. Ogni persona per lui era importante, era a disposizione totale per cercare di sbrogliare la sofferenza, riuscendo a portare consolazione. Ha accettato e abbracciato tutti e la gente lo sentiva. Chiunque gli stava vicino lo considerava un santo: la sua luce era visibile a tutti, perfino ai non credenti. Era un’anima piena di Dio”. E se fosse ancora vivo, cosa direbbe o farebbe oggi padre Guglielmo in un mondo sempre più tormentato? “Pregherebbe ancora di più”, chiosa sicura.

Francesca Siroli

Pubblicato giovedì 13 Novembre 2014 alle 00:02

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