Il coraggio di andare controcorrente

La giornalista Lucia Bellaspiga protagonista dell’incontro “A proposito di gender, divorzio breve, eutanasia…”

“A volte si pensa di essere i soli a pensarla in un certo modo. E invece ci vuole il coraggio di dire quello che si pensa e si può scoprire di non essere gli unici. Io ad esempio voglio continuare a dire che la famiglia è la famiglia: dove il padre e la madre mettono al mondo i figli”. Ecco uno dei suggerimenti che Lucia Bellaspiga, giornalista di Avvenire, ha lanciato per rispondere all’interrogativo di ciò che si può fare davanti alla cattiva informazione.

La Bellaspiga è intervenuta al quarto incontro “Vita vera e vita raccontata” del seminario di studio “Maschio e femmina li creò” promosso dall’Ufficio per la Pastorale familiare e dall’Ufficio per la Pastorale sociale dove ha proposto un excursus delle più recenti manipolazioni che molti mass media hanno compiuto di notizie che hanno colpito l’opinione pubblica. “La tecnica che spesso usano i mass media – ha spiegato la Bellaspiga – è quella di svuotare le parole del loro significato originale, riproponendole in un diverso modo”.

Una questione di linguaggio che sembra funzionare: è possibile pertanto snaturare azioni e cose solo perché se ne cambia il nome. Così utero in affitto si trasforma in donazione; oppure l’espressione omicidio di un neonato diventa aborto post nascita. “Ad esempio – ha ripreso la giornalistadel caso di Eluana Englaro si è parlato nei titoli dei giornali di ‘Eluana libera’ e in pochi hanno descritto i fatti: ossia che nel 2009 in Italia una disabile è stata sottoposta a eutanasia, che non era malata, che poteva sorridere e piangere e che viveva come tanti disabili e anziani. Si avverte la percezione che si possa dire di tutto e che non siano accettate imposizioni di nessun genere, ma più si va avanti così più succederà, come preannunciava Chesterton: “Arriverà il giorno in cui dovremo sguainare le spade per affermare che l’erba è verde”.

La Bellaspiga ha trattato anche il delicato tema del suicidio assistito rifacendosi al caso di Brittany Maynard, la 29enne americana malata di cancro che ha annunciato al mondo l’intenzione di volersi sottoporre al suicidio assistito e che si è data la morte lo scorso 1° novembre. “In pochi davanti a questa donna si sono posti il problema di chi avesse intorno la giovane e del tipo di ragionamento che stava all’origine della sua decisione. Se la dignità umana viene misurata solo sulla base di ciò che facciamo e non di quello che siamo, allora anche la condizione dei grandi anziani può essere ritenuta meno valida e meno degna di essere vissuta. Per i sostenitori di Brittany lei aveva un’unica missione: quella di morire per essere di esempio a tanti. In questi anni mi hanno chiesto più volte: perché ciò che dico dovrebbe essere più vero di ciò che raccontano altri miei colleghi? I lettori hanno ragione, l’unico modo è quello di ascoltare voci diverse. Una voce discordante permette di accendere il proprio senso critico. L’ideale inoltre è quello di affidarsi alle voci libere, fuori dalle logiche dei grandi poteri del mercato e non legate alle lobby economiche. Occorre ostacolare la tendenza di uniformare il pensiero, ma avere il coraggio di andare controcorrente”.

Barbara Baronio

Pubblicato giovedì 13 Novembre 2014 alle 00:02

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