Lanfranchi cittadino onorario di Cesena

Stralci del discorso del vescovo in Consiglio comunale

La bontà e la magnanimità che avete manifestato verso la mia persona conferendomi la “cittadinanza onoraria” mi riempie di commozione e di gioia. Vi ringrazio di cuore.

Ascoltando le motivazioni addotte per tale conferimento, mi viene spontaneo dire che riconosco in esse il sogno, che sempre ha ispirato la mia azione di Pastore della Diocesi di Cesena- Sarsina nei rapporti con tutta la città, pur consapevole del divario esistente tra l’ideale e la sua realizzazione concreta, dovuto ai tanti limiti legati alla mia umanità. Ma è proprio questo divario che, lungi dallo scoraggiare, rimette sempre in cammino e rende umili e accoglienti in uno spirito di collaborazione verso tutti.

Una domanda è nata immediatamente dentro di me: “Perché la cittadinanza onoraria conferita da un organismo che rappresenta tutti, credenti e non credenti? E perché, da parte mia, accettarla e sentirmi onorato?”. Permettete che manifesti alcune delle risposte che mi sono date. Vorrei attribuire questo atto anzitutto all’ordine sacro degli affetti; all’affetto che la città fin dall’inizio mi ha dimostrato e al mio affetto immediato e cresciuto col tempo verso la città. Come più volte ho avuto modo di dichiarare, la grande cordialità con cui sono stato accolto a Cesena mi ha permesso di sentirmi a mio agio e di muovermi con grande libertà interiore in ogni ambito e in ogni ambiente. Ho sentito l’affetto della gente, a cui è corrisposto il mio affetto. In altre parole non mi sono sentito “straniero” o semplice ospite, ma “cittadino” di Cesena, partecipando intimamente alle sorti della città e dei suoi abitanti, cogliendo in ognuno la dignità della persona. A Cesena mi sono sentito a casa. (…)

È stata richiamata spesso l’espressione a me cara: “Chiesa nella città”. La Chiesa e la città, pur essendo realtà distinte, hanno bisogno l’una dell’altra. Esse non sono chiuse l’una all’altra e nemmeno impermeabili tra loro. L’intera “città” sta a cuore alla Chiesa, nulla è estraneo alle sue preoccupazioni. Abbiamo tutti presenti, credo, un testo paradigmatico della presenza dei cristiani nella società, la Lettera a Diogneto. Essa avverte: “Dio ha assegnato loro (ai cristiani) un posto tale che non è loro lecito tirarsi indietro (VI,10). I cristiani non solo possono, ma debbono impegnarsi per la vita della città, sapendo tuttavia che la loro patria sta nei cieli. All’intera comunità cristiana spetta l’affascinante e grave compito di rendere presente Dio nella vita degli uomini.

Oggi, in un tempo, povero di speranze e in cui la “questione antropologica” si pone come centrale all’attenzione di tutti, tale compito è ancora più urgente. Sono rivolte ai cristiani le parole di Gesù ai discepoli mentre ascendeva al cielo: “Ma voi rimanete in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto” (Lc 24,49). Rimanere in città, cercando di diventarne l’anima. Credo che si debba riconoscere che la presenza della comunità cristiana ha contribuito e contribuisce a dare quest’anima alla vita di un paese, alla periferia della città, ad un quartiere, ad un centro storico, attraverso anzitutto quella presenza quotidiana che non fa clamore ma di fatto è determinante per la coesione sociale e per il perseguimento del bene comune.

La città in tutte le sue espressioni sta a cuore alla comunità cristiana, sta a cuore al vescovo. Non è questo il momento di fare una lezione sul rapporto tra “Chiesa e città” e nemmeno quello di dilungarci sulle modalità in cui questo rapporto oggi si concretizza. Permettete che dica che mi ha fatto piacere che tra le motivazioni a sostegno della cittadinanza onoraria ci siano quelle che riguardano le difficoltà, i problemi, le ferite, che travagliano la città oggi, ma anche quelle che riguardano i suoi aspetti belli, come, ad esempio, la laboriosità, la vivacità culturale, la bellezza artistica.

Come ogni cesenate, ho gioito tutte le volte che si parlava bene di Cesena, delle sue eccellenze, delle sue qualità, come ho sofferto per le sue ferite, per le sue difficoltà. Ero orgoglioso quando qualche visitatore elogiava le bellezze artistiche della città o la sua vivibilità o la ricchezza delle espressioni del volontariato. Così come ho cercato di lasciarmi interpellare dai problemi che si manifestavano, cercando di coinvolgere tutta la comunità in uno stile di collaborazione e di rispetto dei ruoli e delle funzioni. La Chiesa ha dunque contribuito alla costruzione del bene della città e continuerà a contribuirvi. (…)

Credo che il tempo che viviamo, con la crisi globale che lo caratterizza con le spinte individualistiche che caratterizzano la cultura contemporanea, richiede in termini ancora più forti questa relazione stretta tra “città e Chiesa”, una sorta di nuovo patto per immaginare il domani di Cesena e del suo territorio. È questo il mio auguro per Cesena, mentre ringrazio ancora per l’onore che mi avete riservato, e che contribuirà a mantenere vivo il legame vitalizzante che ho potuto tessere con Cesena.

Antonio Lanfranchi,
vescovo

Pubblicato venerdì 12 Marzo 2010 alle 00:02

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