Vincenzo e Davide, due fratelli con le idee chiare

Sono originari di Montiano: uno è imprenditore in Australia, l’altro gioca in serie A nel Cagliari

VINCENZO BIONDINI

“L’Australia mi ha aiutato a crescere e ho capito tante cose da quando vivo qui. Nonostante siano passati ormai tanti anni, riconosco che la Romagna mi manca”.

Venire in Australia per Vincenzo Biondini e’stata una scelta casuale, ma che ha significato un radicale cambiamento di vita.

“Ero in un momento particolare della mia esistenza, in cui mi sentivo sotto pressione per tante cose, per cui ho deciso di staccare dall’Italia. Ho guardato la cartina geografica e ho scelto il posto più lontano che c’era, Australia!”.

Si può immaginare che per la sua famiglia sia stata una sorpresa?

“Sì, loro non l’hanno presa bene. Io sono il primogenito di quattro fratelli. Loro avevano molte aspettative su di me e vivevo la pressione di essere il figlio del medico del paese (Montiano). Era come se avessi uno status sociale già ben definito e tutti si aspettavano da me qualcosa che non mi rispecchiava. Inoltre sia l’università, sia una storia con la mia ex fidanzata stavano andando male. Tanti fattori che mi hanno portato a questa decisione. E’ stato difficile far capire ai miei genitori che vivevo in maniera diversa. All’inizio sono stati duri e contrari, poi alla fine mi hanno sostenuto. Nel 2002, quando sono venuti a trovarmi, si sono resi conto finalmente di cosa facevo e quindi hanno cambiato idea”.

Quando è arrivato a Sydney?

“Sono arrivato qui nel novembre del 1999 e all’inizio doveva essere semplicemente una vacanza, il cosiddetto anno sabbatico. Invece, dopo pochi mesi, ho conosciuto la mia attuale compagna, Kristi, e questa è diventata la mia seconda casa”.

Questo paese è in continua evoluzione, ma in particolare il vero boom è avvenuto dopo le Olimpiadi del 2000, per questo è difficile immaginare come fosse prima.

“In effetti tutto era diverso. Appena arrivato mi sembrava il paese dei balocchi: non esisteva la GST (l’IVA australiana, ndr), case aperte in cui si poteva entrare, conoscere gente e fare festa, auto stile anni ’70. Ho capito subito che si potevano fare cose interessanti e così ho iniziato la cosiddetta gavetta. Ho lavorato in diversi posti mettendo a frutto le numerose stagioni sulla Riviera come cameriere. Allo stesso tempo ho anche imparato l’inglese. Stavo cercando anche di fare un’esperienza che mi potesse mettere alla prova. Era come se avessi bisogno anche di sbagliare per provare a me stesso che poi ce l’avrei fatta a capire. Così è stato e sono stato felice di constatare che dopo essere caduto sono stato in grado di rialzarmi da solo. Tornando alla mia storia, verso la fine del 2000 ho ricevuto la cartolina per il servizio militare e sono dovuto tornare in Italia. Per fortuna durante quell’anno Kristi è riuscita a venire in Italia tre volte e ci siamo potuti vedere, ma il peggio è arrivato quando lei è dovuta tornare e io sono rimasto a Cesena. Vivere una storia sentimentale a distanza di migliaia di chilometri e 10 ore di fuso orario di differenza è molto complicato. Così, nel 2001, decisi di tornare a Sydney. Da tre anni sono socio in una pizzeria molto famosa in città, ’Rosso Pomodoro’, gestita insieme con me da altri due ragazzi emiliano-romagnoli”.

Insomma, all’inizio i suoi genitori non l’hanno ostacolata, ma nemmeno sostenuto?

“L’ultima volta che sono andato a trovarli a Cesena, ho ringraziato mio padre per i valori che mi aveva trasmesso, come la famiglia, il rispetto degli altri e perché mi aveva sempre fatto comprendere che i soldi non sono tutto nella vita. Valori che apprezzi solo quando diventi grande!”.

Parla sempre dei suoi genitori. Ci può dire qualcosa del rapporto con i suoi fratelli?

“Beh, mi mancano molto anche loro. Per fortuna attraverso il satellite posso vedere mio fratello Davide che gioca a calcio nel Cagliari. Posso dire che la Romagna in generale mi manca molto, non solo la famiglia e gli amici. Qui gli amici che mi sono fatto sono pochi. Quelli veri sono in Italia. Mi piacerebbe tornare in Italia, ma non è facile. A breve mi sposerò con Kristi. Ho comprato casa in Australia, quindi posso dire che questa ormai è la mia casa”.

Infine, dia un giudizio su questo Paese tanto gettonato dai giovani italiani.

“Qui la vita costa meno che in Italia e c’è meno burocrazia, anche le cose si stanno complicando a livello di visti. Rimanere oltre il classico anno va oltre una semplice esperienza all’estero. L’Australia premia chi sa resistere”.

Francesca Baldini

DAVIDE BIONDINI

Che giochi bene, si sa. Da sempre. Nelle ultime due partite ha contribuito a stendere prima la Lazio e poi la Juventus, segnando anche due gol. Davide Biondini ha la capacità di mettere a proprio agio chiunque instauri con lui una conversazione. E’ un ragazzo umile, dedito al sacrificio e con saldi principi morali, ed è anche grazie a questo che ha coronato il sogno di ogni calciatore: giocare in serie A.

Lo abbiamo raggiunto la scorsa settimana, per via telefonica, a Cagliari, dove gioca da professionista, due giorni prima di festeggiare il 26esimo compleanno: “Dopo avere giocato nei pulcini del Cesena fino ad arrivare alla prima squadra, andare a Vicenza a 19 anni non è stato facile – ha dichiarato -. A quell’età occorre diventare autonomi in fretta perché si devono sfruttare tutte le possibilità di giocare e quindi di mettersi in evidenza”.

Il percorso di Biondini, al di fuori dell’esperienza bianconera, è iniziato a Vicenza nel 2003 in serie B per volere dell’ex mister bianconero Beppe Iachini. Ha poi proseguito nella Reggina in serie A per due anni fino ad arrivare nel 2005 a Cagliari dove riveste tuttora il ruolo di centrocampista con specialità di mezza ala sinistra.

Diplomato in un istituto professionale, il giovane centrocampista ricorda con soddisfazione ed entusiasmo gli anni trascorsi tra le file degli scout, immerso nella natura e a contatto con tanti amici. “A 8 anni ho cominciato il percorso scout – ha spiegato – nella sezione staccata a Montiano del Cesena 1° di Palazzo Ghini. Questa esperienza è poi continuata fino alla terza superiore, perché, quando ho cominciato a giocare seriamente a calcio mi è stato difficile conciliare le domeniche da calciatore con le uscite di clan scout. Il gruppo è stato per me un punto di riferimento e mi ha insegnato il modo di vivere la comunità e a relazionarmi con altre persone. Negli scout il divertimento è assicurato, ma in primo luogo ci si avvicina a Dio”.

Biondini continua a vivere comunque un rapporto positivo con la fede, anche se l’ambiente del calcio, più di altri, è fatto anche di frivolezze e situazioni non sempre facili da affrontare: “Tutto quello che si dice del calcio è vero, ma a volte si esagera. In certi ambienti si rischia di dare importanza a cose futili. Vivere la fede, ad esempio, è un impegno personale. Per un credente diventa fondamentale ritagliarsi qualche momento della giornata per rimediare all’assenza domenicale. Ci sono cose che possono distrarre perché si è molto impegnati ma, se si vuole mantenere un rapporto di fede, si può recuperare anche in altri momenti”.

Il centrocampista, che in certi periodi riesce a tornare in Romagna anche due volte al mese, sta attraversando un momento di ottima forma fisica e tecnica e continua a lavorare seriamente per mantenere le prestazioni e continuare a dare sempre il meglio.

“In serie A i giocatori vogliono sempre migliorare a prescindere dall’età – conclude -. Per quanto riguarda la differenza fra categorie concordo con il pensiero dell’allenatore Carlo Mazzone che in un’intervista dichiarò che per giocare in serie C ci vogliono gambe e gambe, in B gambe e testa e in serie A ci vogliono testa e… testa”.

Giusy Riciputi

Pubblicato venerdì 6 Febbraio 2009 alle 00:04

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