A colloquio con Gianbattista Ferro, che da oltre un anno vive all’eremo di Sant’Alberico

“Gesù mi basta” è scritto un po’ ovunque. “Sì, Gesù mi basta, altrimenti qui non ci si sta”, dice Gianbattista Ferro, l’eremita che da 16 mesi vive a sant’Aberico. Quassù, vicino al monte Fumaiolo, in territorio di Verghereto (la parrocchia di competenza è quella della vicina e minuscola frazione di Capanne) a 1.139 metri sul livello del mare il silenzio regna incontrastato.

Per raggiungere a piedi la grande casa in cui chi vuole ricercare momenti di spiritualità è sempre ben accolto, occorrono 15-20 minuti a piedi dal parcheggio che si trova in mezzo a un bosco quasi impenetrabile. La salita è subito impegnativa, ma i metri da percorrere sono davvero pochi. Quelli giusti per comprendere che per raggiungere questo luogo solitario occorre lasciare a casa qualcosa.

All’eremo non c’è il wifi e non c’è linea per i cellulari. “Dopo due o tre giorni il silenzio si trasforma in rumore – dice l’eremita -. Ed è un silenzio capace di scavare dentro le persone. I più non resistono. Chi ci riesce, poi va via trasformato, come è capitato di recente a una signora e a un imprenditore che si sono fermati per dieci giorni. Qui attorno non si sentono neppure gli animali. Pare abbiano un sacro rispetto di questo luogo”.

Appena si varca il cancello di ferro dell’eremo ci si rende conto che si entra in un’altra dimensione. Il cielo è terso, di un azzurro intenso, in questa estate caldissima che quassù è comunque fresca. Diversi cartelli affissi invitano i visitatori a non fare schiamazzi, a rispettare il luogo “che non è un rifugio, non è un ostello, non è un posto di ristoro per camminatori”, ci tiene a precisare Ferro.

È un’oasi di raccoglimento e spiritualità, come si comprende subito dall’atmosfera che circonda l’ampia abitazione attorno alla quale regna un accogliente ordine. Le tombe di don Quintino Sicuro, di fratel Vincenzo Minutello e di Michele Falzone rammentano quanti qui hanno speso molti anni della loro vita per mantenere vivo un posto straordinario. “Qua è il silenzio che agisce – aggiunge Ferro -. In ogni caso è l’eremo che deve andare avanti, non io. Per parte mia, che vuole che le dica: come faccio a non annunciare ciò che sperimento? Ma è tutta opera Sua. Scriva pure quello che le pare. L’importante è che si sappia che è tutta opera Sua”.

Classe 1949, di origini bergamasche, con un lungo trascorso in Emilia, Ferro viene da diverse esperienze. “Sono stato tentato anche dalla new age – ricorda l’eremita mentre siamo a pranzo nella cucina in cui spicca l’orario che scandisce la giornata, con la sveglia alle 4 per l’adorazione e l’ultimo appuntamento alle 21,45 con il “Grande silenzio” -. Poi il buon Gesù mi ha staccato da tutto, mentre io cerco di amare tutto, fin dalle piccole cose. E lo ringrazio di continuo per quanto mi dona. Mi sento troppo amato. Qua non so cosa sia la solitudine. Non mi sento mai solo. Certo, ci si deve abbandonare a Lui. Si vive di Lui e basta. C’è una piccola cappella al piano di sopra: per me non fa differenza fermarmi lì o stare in camera. Sono molto fedele all’orario che mi sono dato, ma non mi serve più la sveglia. A volte vado in cappella alle 23,30, ma poi il giorno dopo non mi sento stanco. Credo davvero che faccia tutto Lui. Vorrei stare 24 ore con Gesù per fermarmi in Sua compagnia, ma ancora non ho questa forza”.

Ferro ricorda anche il suo passato, in famiglia e alla ricerca di una risposta a una ricorrente domanda che rimaneva insoddisfatta. “Non ho mai avuto un rapporto facile con la mia mamma, recuperato alla fine, nel suo ultimo anno di vita. Quando ero in casa con lei, se non si andava a Messa non si mangiava. Non ho neppure mai avuto un buon rapporto con i preti e neppure con i vescovi. Alla mia richiesta di poter vivere in un eremo, molte Diocesi non mi hanno risposto. Qua, invece, mi sono sentito molto accolto dal vescovo Douglas e da don Edero Onofri (l’ex parroco di Alfero, ndr). Io non so cosa voglia esattamente il buon Dio da me. Posso dire che sono l’espressione della sua infinita misericordia. È Lui che mi ha fatto rivivere. Non riesco a capire le mezze misure nella relazione con nostro Signore. Quassù la Provvidenza si sperimenta in maniera folle. Ci si deve abbandonare a Lui. Si vive di Lui e basta. Poi il Signore gioca con me. Per esempio, sabato 19 agosto scorso, quando qua era in programma uno dei concerti dell’estate, a Capanne è quasi diluviato, mentre all’eremo sono cadute poche gocce d’acqua. Oppure quando cercavo un prete per il triduo in vista della festa del 29 agosto. Non riuscivo a trovarne. Poi ne è capitato uno qua, per caso, e alla mia richiesta si è reso disponibile a venire a celebrare”.

In estate sembra abbastanza semplice vivere all’eremo, con gente che va e viene ogni giorno. “Alle 18, anche nei giorni in cui c’è movimento – precisa l’eremita – tutto ripiomba nel più assoluto silenzio. Le stagioni sono tutte belle. La primavera è delicata e arriva piano piano, con il suo verde. L’autunno è una tavolozza di colori. L’inverno è stupendo, con la neve e la galaverna che avvolgono tutto. L’estate non è mai calda, con il cielo pieno di stelle. Fa tutto Lui, lo scriva ancora. Bisogna solo accorgersi di Lui e basta. Io qua prego per tutti, in particolare per i giovani, in balia di loro stessi. Prego, prego tanto, che vuole che faccia? Ho solo la preghiera, e tanti amici dell’eremo. Per i concerti dello scorso anno e di quest’anno non ho speso un centesimo. Vengono tutti gratis”. E mentre racconta questi fatti, arriva la telefonata di una corale gregoriana che si rende disponibile già per il 2018.

“Di fronte alla generosità di tanti mi commuovo – sottolinea Ferro -. Vorrei corrispondere ancora di più alla chiamata del Signore. Il mio padre spirituale, in punto di morte mi disse che avrei dovuto cercare un eremo. Ed eccomi qua. Ora mi sento un adulto con il cuore stupito di un bambino”.

Francesco Zanotti

Pubblicato giovedì 31 Agosto 2017 alle 00:01

Trattandosi di un vecchio articolo non è più possibile commentare.

Brevi quotidiane

Ultimi articoli

Ultimi interventi

Parole di Vita

Archivio Documenti