Dat, un testo che apre all’eutanasia

Caro direttore,
come noto, in Parlamento si sta discutendo il disegno di legge in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari.

Mi pare che il testo consenta l’eutanasia, ossia quell’azione od omissione che procura la morte di una terza persona per fini pietistici; e riconosca sostanzialmente il diritto al suicidio.

Può essere utile confrontare l’attuale disegno di legge con il precedente Ddl Calabrò, quello che è decaduto per l’interruzione della legislatura, mancando solo l’approvazione finale. In quello veniva prevista la possibilità di rinuncia da parte del paziente “a ogni o ad alcune forme particolari di trattamenti sanitari in quanto di carattere sproporzionato, futili, sperimentali, altamente invasive o altamente invalidanti”, precisandosi che alimentazione e idratazione non costituiscono trattamenti sanitari, ma sostegni vitali; e si riaffermava il divieto di qualunque forma di eutanasia, di omicidio del consenziente e di aiuto al suicidio (di cui agli artt. 579 e 580 c.p.).

In questo, invece, si riconosce il diritto del paziente “di rifiutare, in tutto o in parte, qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal medico o singoli atti del trattamento stesso”, e si riconosce il “diritto di revocare in qualsiasi momento il consenso prestato, anche quando la revoca comporti l’interruzione del trattamento, ivi incluse nutrizione e idratazioni artificiali”. Inoltre “il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa” e non è prevista alcuna forma di obiezione di coscienza.

In sostanza, le posizioni che si possono assumere davanti a dichiarazioni con le quali si sottoscrive l’accettazione o il rifiuto di terapie mediche (anche in caso di patologie che facciano per dere l’autodeterminazione), sono di due tipi: a) esse possono riguardare il rifiuto di terapie “sproporzionate o sperimentali” (accanimento terapeutico); b) oppure possono avere a oggetto il rifiuto di qualunque trattamento, anche di terapie proporzionate ed efficaci, o di sostentamenti vitali di base; in questo secondo caso, aprendosi al riconoscimento di ipotesi di eutanasia.

Da più parti, soprattutto dalla cultura di sinistra e radicale, si è sollecitato il riconoscimento di una libertà assoluta di scelta in ordine a quali terapie, trattamenti o aiuti medici rinunciare, anche per i casi in cui non si sia più in grado di decidere, anche se ciò significhi la rinuncia a vivere, e anche al di fuori di ipotesi di malattia terminale o di inutilità delle cure. Nel momento in cui si obbliga l’ordinamento giuridico ad aderire indiscriminatamente a queste richieste, si obbligano i medici a uccidere, seppure per pietà o semplicemente perché ne sono stati richiesti. E questa è eutanasia. Per legge, ma eutanasia.

In alcune recenti sentenze di merito, anticipatrici del Ddl, il giudice ha autorizzato un amministratore a compiere, in nome e per conto del beneficiario, i seguenti atti: “negazione di consenso ai sanitari coinvolti a praticare alla persona trattamento terapeutico alcuno e, in specifico, rianimazione cardiopolmonare, dialisi, trasfusioni di sangue, terapie antibiotiche, ventilazione, idratazione e alimentazione forzata e artificiali”.

Con l’attuale ddl il medico dovrebbe anche interrompere detti trattamenti, qualora riceva revoca del consenso, senza alcuna possibilità di considerare i motivi della richiesta o la situazione di vita e sanitaria del paziente: e se la domanda è dovuta a uno stato transitorio di depressione? E se la richiesta riguarda un minore, un anziano o un disabile, per una sua presunta indegnità di vita, ritenuta tale da parte di chi sarebbe chiamato a interpretarne la volontà?

Occorre essere chiari. Se si arriva ad affermare che “la libertà della persona rispetto alle terapie è una libertà assoluta”, occorre essere consapevoli che tale affermazione porta all’introduzione di forme di eutanasia o di suicidio assistito, il cui riconoscimento coinvolge altre persone e – per cominciare – gli stessi medici, la cui azione è deontologicamente rivolta invece alla cura dei pazienti e al miglioramento delle loro condizioni di vita.

Stefano Spinelli

Pubblicato giovedì 20 Aprile 2017 alle 00:01

Una risposta a “Dat, un testo che apre all’eutanasia”

Commenti

  1. GIANLUCA PERUGINI 24 Apr 2017 / 23:34

    In riferimento al ddl sul fine vita(non mi piace questa definizione, io lo chiamerei ddl sulla libertá di cura), io penso che se vogliamo rispettare la dignitá di una persona e quindi la sua libertá e coscienza, dobbiamo accettare tutti le sue scelte personali su quali terapie e trattamenti accettare o meno. Certamente occorre valutare la consapevolezza del paziente sulle conseguenze delle sue scelte e fargli presente tutte le possibilitá terapeutiche, perchè sia ben informato, ma alla fine, occorre rispettare la sua scelta, perchè noi non possiamo costringerlo a curarsi se lui non lo desidera, facendo violenza sulla sua persona. Un malato, un uomo va rispettato fino in fondo, anche quando non condividiamo la sua scelta. E non è eutanasia, perchè non si interviene attivamente per procurare la morte, ma si lascia che la natura faccia il suo corso, se davvero il malato vuole questo.

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