Storia e memoria a Cesena

di Piero Altieri

Ancora una volta la città di Cesena è convocata per fare memoria di un evento fondativo della sua storia: giovedì 20 ottobre, nel 72esimo anniversario della sua “liberazione” dalla violenta presenza delle truppe nazifasciste.

Il nord Italia e ancora tanta parte dell’Europa rimanevano sotto le devastazioni della guerra, della “guerra civile”, ma per noi si aprivano i cantieri della ricostruzione. Si mise mano alla ricostruzione delle strade, di tante case, degli edifici pubblici colpiti dai bombardamenti aerei e dalle granate, tante chiese; la ricostruzione della Basilica del Monte, nei cui sotterranei avevano trovato sicuro rifugio centinaia di sfollati, accolti premurosamente dai monaci di San Benedetto.

Ancora più si intensificò, nelle riconquistate libertà, quel dibattito politico che già nei tempi della “Resistenza” si era avviato (con quanti rischi!) per progettare il futuro del Paese e dell’Europa, una volta terminata la guerra scatenata dalle ideologie del Nazismo e del Fascismo che avevano preteso di cambiare il volto della nostra storia.

Usciti dai rifugi, tornati in città dalle campagne che generosamente avevano donato ospitalità, in attesa di veder rientrare a casa i tanti ancora trattenuti come prigionieri nei lager tedeschi dove erano stati rinchiusi e logorati da inaudite sofferenze, imposte per non aver accettato, dopo l’8 settembre 1943, di combattere con i tedeschi di Hitler e nelle forze armate della Rsi. E quale prezioso contributo venne da quella sofferenza (anche di quanti più non ritornarono) alla costruzione democratica del Paese.

Tornati, parteciparono al dibattito promosso dai ricostituiti partiti politici orientando così l’Italia all’Assemblea costituente che avrebbe fondato il nostro futuro su quei “Principi fondamentali” che rivendicando e riconoscendo la insopprimibile dignità della persona e i suoi doveri di esigente solidarietà, avrebbe scritto, in breve tempo, la “carta” che doveva guidare l’impegno della ricostruzione e della crescita democratica degli italiani. Vi contribuirono le diverse formazioni che si dichiaravano eredi di quelle istanze politiche e culturali che avevano (seppur con tanta conflittualità) forgiato il nostro Risorgimento; richiamando altresì quell’Umanesimo che aveva dato al popolo italiano quel volto che dichiaratamente rifletteva la “illuminazione” che scaturiva dalla tradizione cristiana della nostra storia.

Non possiamo tuttavia dimenticare come i primi decenni della “ricostruzione” furono penalizzati pesantemente dalla opposizione di un Partito Comunista (e con lui il Psi) legato a filo doppio al Comunismo sovietico. Penalizzazione che affaticò non solo l’Italia, ma anche la costruzione dell’Unione Europea.

Una riflessione critica sulle vicende vissute nei primi decenni della Repubblica la stanno svolgendo gli addetti ai lavori. A noi oggi è affidato il compito di verificare se il dibattito politico-culturale e ancor più i lavori del Parlamento e l’impegno del Governo sono coerenti con quei “Principi fondamentali” che rimangono saldi e irrinunciabili, ben oltre le necessarie riforme costituzionali. E questo anche a livello di comunità civiche e assemblee regionali.

Anzi, è proprio dal “basso” che si costruisce un futuro animato dalla speranza. E sarà luce nel contempo per affrontare gli impegni che la “storia” ci affida con le altre nazioni d’Europa, per aiutare i popoli del Medio Oriente e del Nord Africa a sottrarsi alle crudeli violenze del fondamentalismo islamico. E perché no! Nel ridefinire i rapporti con la Russia, vista non più come una minaccia per l’Europa (e oggi come oggi purtroppo lo è!), riscoprendo la storia dell’Ucraina, cuore del Cristianesimo dei popoli slavi, “terra di frontiera” che da sempre ha visto con timore le avance della Polonia a ovest e degli zar di Mosca da est.

Pubblicato giovedì 20 Ottobre 2016 alle 00:01

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