Quattro studenti cesenati a Lampedusa contro i pregiudizi

CESENA – “Sono state giornate dalle mille domande e dalle mille contraddizioni. Da una parte avevamo i paesaggi meravigliosi di Lampedusa, con le sue calde temperature. Dall’altra c’era la mostruosità di quello che ascoltavamo. La gioia e la vivacità dei ragazzi contrastavano con l’angoscia dei racconti dei sopravvissuti. In queste giornate di studio a Lampedusa abbiamo condiviso lacrime e sorrisi”.

Sono queste le riflessioni di Alessandra Prati, docente di economia aziendale all’Istituto professionale “Versari Macrelli” di Cesena che ha accompagnato quattro studenti della sua 3ª A a Lampedusa per il progetto “L’Europa inizia a Lampedusa” promosso dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca in collaborazione col Comitato 3 ottobre.

L’iniziativa è nata in concomitanza con la giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione, istituita per ricordare il naufragio in cui persero la vita 368 migranti il 3 ottobre di tre anni fa.

I quattro ragazzi, Kaoutar Harkane, Besem Zammouri, Sabina Pantiru e Hicham El Omari, dell’istituto cesenate sono stati selezionati grazie a un’unità didattica di apprendimento realizzata per la loro classe con l’obiettivo di favorirne l’integrazione e l’apprendimento della lingua italiana.

“Sono state 200 le scuole coinvolte nel progetto – illustra la docente -. In particolare per ogni regione le scuole scelte potevano essere due con ciascuna quattro alunni. Insieme a noi ha partecipato anche l’istituto professionale Einaudi di Ferrara”.

“Siamo stati a Lampedusa dal 30 settembre al 4 ottobre. Qui, nei vari workshop e seminari, ci siamo resi conto che la voglia di vivere domina su tutto. Parlando con i superstiti abbiamo scoperto che ci sono mamme in Eritrea o in Siria che hanno la consapevolezza che il 90 per cento di chi parte non sopravvive ai “viaggi della speranza”, eppure scelgono di lasciare andare i loro figli perché sperano in quel 10 per cento che invece si salva. Si attaccano a quest’ultima possibilità perché non hanno altre prospettive valide nella loro terra d’origine se non la morte per loro e per i propri ragazzi. Abbiamo pianto davanti alle immagini registrate dalla Guardia Costiera durante i salvataggi, abbiamo osservato gli spazi non vitali in cui i profughi vengono stipati, abbiamo visto le distese di corpi in mare, abbiamo ascoltato le parole di un pescatore che da anni salva persone dal mare. E poi ci siamo commossi quando abbiamo parlato con una superstite della tragedia del 3 ottobre del 2013 che inizialmente era stata creduta morta. Ci ha riportato alla consapevolezza che non sono i numeri delle vittime dei ’grandi’ naufragi che devono scandalizzarci, che anche solo una vita è importante”.

“Usciti da questa esperienza – conclude la docente – ci sentiamo orgogliosi del nostro essere italiani e consapevoli di dover fare qualcosa. I miei ragazzi, tutti stranieri, hanno compreso che devono imparare ad accogliere come sono stati accolti in passato, senza timore. Siamo tornati tutti cresciuti e pronti ad agire sull’opinione pubblica per sradicare i pregiudizi. Proprio per questo il progetto non si è chiuso a Lampedusa, ma continuerà nel corso del presente anno scolastico e sarà esteso all’intera classe e ad altri studenti del nostro istituto”.

Barbara Baronio

Pubblicato giovedì 13 Ottobre 2016 alle 00:02

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