Il Papa: le parole possono uccidere

di Francesco Zanotti

Il richiamo di papa Francesco è stato forte. Ha parlato, giovedì scorso in sala Clementina, ai consiglieri nazionali dell’Ordine dei giornalisti. È intervenuto sulla nostra professione. Ha proposto una riflessione incentrata su alcuni pilastri da tenere presenti nello svolgimento di questo meraviglioso e delicato mestiere.

Non possiamo far passare sotto silenzio questo intervento pontificio, mi sono detto dopo aver letto alcuni lanci di agenzia. Ne va del nostro lavoro e anche, se vogliamo, della nostra piccola missione di comunicatori.

Già il Papa, ancora prima di insediarsi, aveva raccomandato a tutta la categoria il vero, il bello e il buono. E aveva aggiunto “fatto persona”. Ora, con queste parole ai giornalisti italiani, ha ribadito l’importanza che “amare la verità vuol dire non solo affermare, ma vivere la verità, testimoniarla con il proprio lavoro”, e ha aggiunto due nuovi concetti sulla professionalità e sul rispetto della dignità umana.

È la relazione il cuore di ogni comunicazione, ha detto ancora il Pontefice. E nessuna relazione può reggersi nel tempo se poggia sulla disonestà. Ecco il punto decisivo, che qui al Corriere ci ripetiamo spesso: “arrivare il più vicino possibile alla verità dei fatti e non dire o scrivere mai una cosa che si sa in coscienza non essere vera”.

È un po’ quello che è accaduto in questi giorni quando abbiamo letto di matrimonio, di nozze e di viaggi di nozze a proposito di unioni civili tra omosessuali ufficializzate a Savignano sul Rubicone e a Cesena. Qui si innesta un’altra questione legata al valore delle parole e alla professionalità, due elementi inscindibili per chi ambisce a svolgere con coscienza questa professione.

“Anche le parole possono uccidere” è una campagna che abbiamo portato avanti come settimanali diocesani assieme ad Avvenire e al gruppo Famiglia Cristiana-San Paolo. “Spesso ho parlato delle chiacchiere come terrorismo – ha aggiunto Francesco – di come si può uccidere una persona con la lingua. Se questo vale per le persone singole, tanto più vale per i giornalisti, perché la loro voce può raggiungere tutti, e questa è un’arma molto potente”. Allora occorre “comprendere, interiorizzare il senso profondo del proprio lavoro” e “non sottomettere la propria professione agli interessi di parte”.

Come fare?, è la domanda che molti si pongono. Ecco la ricetta di Bergoglio: “È indispensabile fermarci a riflettere su ciò che stiamo facendo e su come lo stiamo facendo”. Un prezioso consiglio da mettere in pratica, per essere “strumenti di costruzione” e per favorire “la cultura dell’incontro”.

Corriere Cesenate 35-2016

Pubblicato martedì 27 Settembre 2016 alle 18:30

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