Commento al Vangelo – XXVI domenica del tempo Ordinario – Anno C

Ignorare il povero significa disprezzare Dio

Domenica 25 settembre (Anno C) 26ª domenica Tempo Ordinario
Am 6,1a.4-7; Sal 145; 1Tm 6,11-16; Lc 16,19-31

Il Vangelo della XXVI domenica del tempo ordinario ci offre la parabola dell’uomo ricco e del povero Lazzaro. È un racconto, molto attuale, diviso in due parti. La prima si svolge in questo mondo e presenta i due personaggi le cui condizioni di vita sono contrapposte. Il ricco vive nell’agiatezza in mezzo a quotidiani banchetti mentre, fuori dalla sua porta, il povero Lazzaro è affamato e trascurato da tutti.

La seconda parte, invece, è ambientata nella vita ultraterrena e ricorda che la storia dell’uomo non finisce con la morte, ma avrà un esito definito, vero, giusto. Questa parabola ci fa riflettere sulla qualità della vita cristiana e c’interroga sulla nostra attenzione verso gli altri e sulla capacità di misericordia.

La tragica sorte dell’uomo ricco ci invita, riprendendo il Vangelo di domenica scorsa, a considerare Dio come il solo Signore da servire. L’uomo ricco si è condannato non tanto perché si godeva la vita, quanto perché, chiuso in se stesso, aveva identificato tutte le sue aspirazioni e tutte le sue speranze nel suo benessere terreno. Tale situazione aveva reso cieco il suo cuore al punto di non accorgersi di avere accanto un fratello nella miseria e nella sofferenza. È condannato, quindi, non tanto per quello che ha fatto, ma per il bene che non ha compiuto e per non aver aiutato chi era nella necessità. Ha ignorato il povero e in diverse occasioni papa Francesco ha affermato che ignorare il povero è disprezzare Dio.

La parabola non nomina Dio direttamente, ma ci insegna che la misericordia di Dio verso di noi è legata alla nostra misericordia verso il prossimo. L’avvertenza finale riguarda il fondamento della fede e della vita cristiana che non va ricercato in fatti prodigiosi e straordinari, ma nella forza della Parola di Dio che chiama ad amare Dio e il prossimo.

Nell’enciclica Deus Caritas est al n. 31 troviamo: “Il programma del cristiano è un ‘cuore che vede’. Questo cuore vede dove c’è bisogno di amore e agisce in modo conseguente”. È necessario quindi formare il nostro cuore perché sia consapevole che tutto nasce dall’Amore di Dio che per primo ci ha amati e continua ad amarci. Un cuore così formato diventa capace di riconoscere anche l’altro secondo la prospettiva di Gesù.

La testimonianza di Santa Teresa di Calcutta è molto chiara. Attingeva “la sua capacità di amare il prossimo, in modo sempre nuovo, dal suo incontro con il Signore nell’Eucarestia e, reciprocamente questo incontro ha acquisito il suo realismo e la sua profondità proprio nel loro servizio agli altri” (Deus Caritas est, 18).

Chiediamo al Signore la grazia di vedere sempre, come diceva papa Francesco in una delle omelie presso la Casa Santa Marta, “i Lazzari che sono alla nostra porta, i Lazzari che bussano al cuore e di uscire da noi stessi con generosità, con atteggiamento di misericordia, perché la misericordia di Dio possa entrare nel nostro cuore”.

Marco Castagnoli

Pubblicato giovedì 22 Settembre 2016 alle 00:00

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