Cristianesimo e islam: non è l’uomo per la Legge ma la Legge per l’uomo

Nei giorni scorsi alcuni cattolici ultra-tradizionalisti si sono mostrati scandalizzati dal fatto che i musulmani siano stati accolti nelle chiese cattoliche, dove hanno inteso dimostrare solidarietà per il brutale assassinio del parroco francese Jacques Hamel mentre celebrava la Messa.

Secondo questi ultra-tradizionalisti si sarebbe trattato di una profanazione, e di un cedimento di fronte a una religione (quella islamica) diversa e ostile a quella cristiana. Ma è davvero così?

Al centro del messaggio di Gesù c’è sempre stata l’esortazione a cogliere e vivere lo spirito delle norme e delle pratiche di culto, specialmente a non fare della lettera un alibi per perder di vista lo spirito. I farisei l’hanno sempre attaccato su questioni del genere (“perché i tuoi discepoli non si lavano le mani?”, “perché tu non rispetti il sabato?”, ecc.). E lui ha sempre risposto che la lettera uccide, lo spirito vivifica. Non è l’uomo per la Legge, ma la Legge per l’uomo.

Lui non ha mai avuto paura di farsi “profanare” dal contatto con persone di ogni genere: malfattori, prostitute, esponenti di religioni diverse, ecc. Anzi, ha detto di esser venuto proprio per loro. Perché dovrebbe sentirsi profanato se i musulmani si fanno vedere in chiesa dove i cristiani lo pregano? Per Gesù, infatti, lo spirito di tutta la Legge (ebraica e cristiana) e di tutte le pratiche di culto è l’amore di Dio e del prossimo (i primi due comandamenti, in cui gli altri si riassumono).

E a domanda esplicita su chi sia il prossimo che si deve amare Gesù risponde con un esempio di amore di una persona di religione diversa (un samaritano). Di più, Gesù ci chiede di amare i nostri nemici! Quindi, ai giorni nostri, non solo i musulmani (e i seguaci di ogni altra religione), ma anche, per esempio, i combattenti dell’Isis.

In realtà, sarebbe sbagliato pensare ai musulmani come nemici: è forse lo 0,01 per cento dei musulmani che ha dichiarato guerra anzitutto ai loro stessi correligionari che non la pensano esattamente come loro, e poi anche ai cristiani (finora le vittime del fondamentalismo islamico sono soprattutto musulmane, e solo in piccola parte cristiane).

Ora, premesso che nei confronti di quello 0,01 per cento vale il diritto-dovere della legittima difesa, e dunque bisogna resistere loro coi mezzi necessari, come dovremmo comportarci nei confronti del restante 99,99 per cento? Manifestare loro amore e solidarietà umana, incoraggiando e corrispondendo a ogni gesto analogo da parte loro (come la manifestazione di solidarietà che andando in chiesa hanno voluto offrire ai cristiani per l’assassinio dell’abbé Jacques Hamel)? Oppure cogliere ogni occasione per mostrarsi ostili e scavare sempre più un fosso di inimicizia tra noi e loro?

L’atteggiamento cristiano è il primo, che lavora per la Pace. Il secondo, che ultimamente lavora per la guerra, è tutto fuor che cristiano. Io lo considererei un atteggiamento idolatrico, nel senso che non pone come punto di riferimento Dio, e di conseguenza l’amore, ma cose materiali e umane, come riti, tradizioni, norme, convinzioni radicate, identità e appartenenze etnico-religiose, viste come fine a sé stesse e come base di divisione anziché di fratellanza e arricchimento reciproco.

Mario Alai

Pubblicato giovedì 25 Agosto 2016 alle 00:01

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