L’Europa e la casa comune

di Francesco Zanotti

Cosa abbiamo fatto? Sembra questa la domanda più ricorrente tra i sudditi della regina Elisabetta II. La vittoria, di misura, dei favorevoli all’uscita dall’Unione europea ha colto di sorpresa tutti, anche coloro che si sono espressi per andarsene.

Forse non ci credevano neppure loro. O meglio, forse non erano consapevoli di quello che sarebbe potuto accadere.

Forse, e continuiamo ancora con le ipotesi, nessuno conosceva le possibili conseguenze legate alla famosa Brexit, termine ignoto fino a pochi mesi fa e adesso sulla bocca di tutti.

Allora, che può essere successo? I cittadini hanno votato, in leggera maggioranza, per togliersi dai lacci imposti dai trattati. Per non sentire più il fiato sul collo dei burocrati che hanno sede a Bruxelles. Per la paura dell’invasione di stranieri, come pare di comprendere dall’analisi del voto.

Da queste ricerche emerge un dato incontrovertibile: le nuove generazioni si sono schierate per le frontiere aperte. I ragazzi non hanno paura del nuovo vicino di casa. Sono nati e sono abituati a girare l’Europa e la considerano casa loro. I progetti portati avanti dalle università hanno creato una nuova mentalità che si è scontrata con il timore di perdere privilegi acquisiti.

Nel nostro continente “si vendono più pannoloni che pannolini”, ho letto in un commento. Espressione colorita, ma efficace per fare comprendere la mancanza di spinta dovuta all’inverno demografico in cui siamo immersi da decenni. In Europa ci siamo seduti e rischiamo di togliere futuro ai nostri figli. Un atteggiamento imperdonabile, che il voto di giovedì della scorsa settimana ha reso evidente a tutti.

Ora il risveglio dovrebbe essere inevitabile. Speriamo serva di lezione agli altri Paesi lo choc della Brexit. Ancora non è dato sapere che ne sarà degli scambi commerciali, delle frontiere, dei rapporti tra cittadini che tornano a essere extracomunitari, un’evidenza che appare ancora impensabile.

L’Unione va di certo ripensata, come tantissimi indicano in questi giorni di dopo-trauma. Lo scollamento tra i cittadini europei e le istituzioni è fin troppo lampante. Basta con il dirigismo e con strutture pesanti e autorefenziali. Il solco del principio di sussidiarietà ha animato fin dall’inizio il sorgere di un mercato comune.

Lo stesso principio deve sostenere anche l’unione politica. L’Europa ha un valore se serve chi la abita. Con questo orizzonte il sogno dei padri fondatori si potrebbe ancora realizzare, a vantaggio di tutti. E davvero quella che Alcide De Gasperi definiva “la nostra patria Europa” potrebbe essere la nostra casa comune.

Corriere Cesenate 26-2016

Pubblicato martedì 28 Giugno 2016 alle 18:30

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