Tempi durissimi per la Cassa di Risparmio: valori azionari a picco

CESENA – La bufera era nell’aria da tempo. C’era comunque chi si aspettava acqua ma non tempesta, nonostante i nuvoloni sempre più densi sui conti della Cassa di Risparmio di Cesena.

La buona notizia è che la Carisp, a differenza di altri istituti di credito locali, non è fallita: gli azionisti non resteranno a bocca asciutta. Dei soldi investiti un tempo, però, rimarranno solo briciole.

In occasione dell’imminente aumento di capitale, infatti, la Cassa emetterà azioni di valore compreso tra 0,1 e 0,8 euro (una forbice confermata da una perizia di stima indipendente), numeri ben lontani da 14-16 euro di pochi mesi fa.

Il Corriere Cesenate aveva già anticipato, nel gennaio scorso, come un aumento di capitale avrebbe inciso pesantemente sul valore delle azioni. A inizio anno, però, l’allora direttore Gentili aveva ipotizzato un aumento compreso tra i 50 ed i 60 milioni di euro, contro il limite di 280 milioni odierni.

I dati sono stati resi noti la settimana scorsa in seguito all’approvazione (in netto ritardo) del bilancio d’esercizio 2015, e del piano industriale 2016-2020, da parte del nuovo Consiglio d’amministrazione insediatosi nel febbraio scorso dopo che la Banca d’Italia aveva costretto, di fatto, alle dimissioni i precedenti vertici.

L’aumento di capitale, riservato al Fondo interbancario di Tutela dei depositi, prevede l’attribuzione di warrant gratuiti da assegnare, in opzione, agli azionisti esistenti. I warrant saranno convertibili in futuro in azioni, con un guadagno per gli azionisti nel caso in cui il titolo riuscisse a risalire la china.

A seguito dell’aumento di capitale, gli indici di solidità patrimoniale della Carisp saliranno al 10,93 per cento per il CET 1/Tier 1 e al 13,07 per cento per il Total Capital Ratio (ben superiori ai limiti minimi indicati da Banca d’Italia).

Il bilancio d’esercizio 2015, con accantonamenti e oneri straordinari per 390 milioni di euro e una perdita d’esercizio di 252 milioni di euro (contro la 60ina ipotizzati a gennaio dal vecchio Cda), pone le basi per un rilancio della Cassa, anche se servirà una cura da cavallo.

Con gli accantonamenti, gli indici di copertura dei crediti deteriorati andranno al 51,6 per cento, mentre le coperture delle sofferenze si attesteranno al 65,9 per cento. Numeri superiori alla media, che ricordano a tutti l’origine dei guai dell’Istituto: aver concesso in passato crediti “a manica larga”, specie nel settore delle costruzioni, il più colpito dalla crisi economica.

Il Piano industriale prevede anche la cessione di una ventina di sportelli “lontani” e il prepensionamento del 10 per cento circa dei dipendenti attuali.

In questo scenario la Fondazione Carisp (che oggi detiene il 48 per cento delle azioni della Cassa) a seguito dell’aumento di capitale vedrà scendere a pochi punti percentuali la propria partecipazione. Sarebbe stata costretta, comunque, a scendere entro 5 anni sotto il 33 per cento in base a un accordo tra le Casse di Risparmio italiane (Acri) e il ministero dell’Economia. Perdere il controllo in questo modo però, è come lanciarsi all’improvviso su uno scivolo ripido e pieno di incognite. Con inevitabili ripercussioni sulle erogazioni sociali e culturali, già ridotte al lumicino in questi anni di crisi.

La parola passa ora proprio alle Fondazioni e agli azionisti minori, chiamati ad approvare il bilancio in un’assemblea convocata per il 3 luglio alle 9,30 al Carisport.

MiB

Pubblicato giovedì 16 Giugno 2016 alle 00:02

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