Commento al Vangelo – XII domenica del tempo Ordinario – Anno C

Perdere la propria vita per il Signore. Un progetto altissimo

Domenica 19 giugno (Anno C) – 12ª domenica Tempo Ordinario
Zc 12,10-11; 13,1; Sal 62; Gal 3,26-29; Lc 9,18-24

Il Vangelo della dodicesima domenica del Tempo Ordinario ci mette di fronte la questione fondamentale dell’identità di Cristo e dei suoi discepoli. Per far comprendere questo, Gesù propone ai suoi discepoli un ritiro in un luogo solitario.

Come in altre occasioni il Signore ci insegna che la prima cosa da fare se vogliamo conoscerlo è pregare. Subito dopo la preghiera all’ordine del giorno troviamo la verifica dei contenuti della nostra fede.

L’evangelista ci descrive due modi diversi di conoscere Cristo: quello della gente e quello del discepolo. Alla domanda di Gesù: “Le folle, chi dicono che io sia?” i discepoli rispondono indicando Cristo come un personaggio religioso in più rispetto a quelli conosciuti. Quella della gente è una conoscenza esterna, superficiale, caratterizzata dall’opinione corrente.

Papa Francesco, nell’Omelia pronunciata a Firenze in occasione del Convegno ecclesiale nazionale il 10 novembre scorso, ha messo in evidenza come questa domanda dimostri quanto il cuore e lo sguardo di Gesù siano aperti a tutti.

La prima preoccupazione di Cristo è sapere cosa pensa di Lui la gente non per accontentarla, ma per poter comunicare con essa. E questo vale anche per noi. “La Chiesa, come Gesù, vive in mezzo alla gente e per la gente. Per questo la Chiesa, in tutta la sua storia, ha sempre portato in sé la stessa domanda: ‘Chi è Gesù per gli uomini e le donne di oggi?’”, ha proseguito il Papa nella stessa Omelia.

Nella seconda domanda il Signore chiede ai di ogni giorno suoi discepoli: “Chi dite che io sia?”. La risposta vera – “il Cristo di Dio” – è data da Pietro che in quel momento parla sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, come rivela il passo parallelo di Matteo. Gesù è il Messia, l’inviato da Dio venuto a noi per portarci tutti a Lui. È la risposta della fede, dono di Dio, che va oltre il dato storico o la ragione umana. La risposta di Pietro è esatta, ma non è completa. Gesù non accetta che si dica solo che Lui è il Messia, e infatti ordina di non dirlo a nessuno.

La terza domanda è sottointesa, ed è diretta a ciascuno di noi: “Chi sono io per te?”. Gesù chiede il nostro coinvolgimento personale, una risposta vissuta e testimoniata. Essere discepoli non è aderire ad una dottrina, ma seguire Gesù nella propria vita, riconoscendo i propri peccati, le proprie fragilità. Seguire Gesù significa prendere la propria croce ogni giorno e accompagnarlo nel cammino. Non è un cammino solitario, ma è un camminare con Lui nella comunione della Chiesa.

Prendere la croce non è un invito alla rassegnazione o alla sopportazione, ma una scelta che riguarda, come scrive l’evangelista Luca, “tutti”, “ogni giorno”. È la vocazione del cristiano a cui corrisponde una promessa: salvare la propria vita. Chi perde la propria vita per Lui la riceve rinnovata, piena, eterna. È un progetto altissimo che si compie nella quotidianità.

Marco Castagnoli

Pubblicato giovedì 16 Giugno 2016 alle 00:00

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