Commento al Vangelo – Ascensione del Signore – Anno C

Ascensione: la Chiesa manifesta la presenza del Signore oggi

Domenica 8 maggio (Anno C) – Ascensione del Signore
At 1,1-11; Sal 46; Eb 9,24-28; 10,19-23; Lc 24,46-53

Questa domenica la Chiesa celebra la solennità dell’Ascensione. Il brano del Vangelo secondo Luca ci fa comprendere che l’Ascensione non è un simbolo, ma un fatto, un evento verificatosi nella storia di cui gli apostoli sono stati testimoni.

Sono passati quaranta giorni dalla Pasqua e Gesù, in un luogo non casuale di preghiera e di unione con il Padre come il Monte degli Ulivi, benedicendo, si stacca dai discepoli e viene portato in cielo. Ritorna al Padre da cui era stato mandato nel mondo. Tuttavia non si tratta di una separazione perché Egli rimarrà con noi in una forma nuova.

Il “cielo” non è un luogo oltre le stelle, ma è la comunione di vita con il Padre. Siccome Gesù è presso il Padre, è vicino a noi, è presente attraverso la storia e in ogni luogo. E nella misura in cui ci avviciniamo a Gesù ed entriamo in comunione con Lui anche noi entriamo nel cielo. “In Cristo asceso al cielo, l’essere umano è entrato in modo inaudito e nuovo nell’intimità di Dio” (Benedetto XVI, omelia domenica 24 maggio 2009).

Questa solennità ci invita a una comunione profonda con Gesù morto e risorto, presente nella vita di ciascuno di noi. Papa Francesco usa al riguardo un’espressione molto efficace: “Lui è come un capo cordata quando si scala una montagna, che è giunto alla cima e ci attira a sé conducendoci a Dio. Se affidiamo a Lui la nostra vita, se ci lasciamo guidare da Lui, siamo certi di essere in mani sicure, quelle del nostro salvatore, del nostro avvocato”.

Cristo, inoltre, sempre per utilizzare una bellissima immagine del Pontefice, ritornando al Cielo porta al Padre un regalo: le sue piaghe. E il Padre, guardandole, diventa più misericordioso, ci perdona sempre, non perché siamo più buoni, ma perché Gesù ha pagato per noi. Con questa convinzione comprendiamo perché l’evangelista Luca afferma che, dopo l’Ascensione, i discepoli tornarono a Gerusalemme pieni di gioia. Il motivo della loro gioia era dovuto alla certezza che il Cristo, crocifisso e risorto, era vivo, e inaugurava una nuova e definitiva forma della sua presenza che i discepoli devono testimoniare nel mondo.

È la missione della Chiesa che, “rivestita di potenza dall’alto”, non svolge la funzione di sostituire un Gesù “assente”, ma, al contrario, manifesta e annuncia la presenza del Signore oggi, nella nostra vita.

È la gioia del Vangelo di cui ci parla papa Francesco nell’Evangelii Gaudium al n. 21: “Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo. La gioia del Vangelo che riempie la vita della comunità dei discepoli è una gioia missionaria”.

Marco Castagnoli

Pubblicato giovedì 5 Maggio 2016 alle 00:00

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