Commento al Vangelo – V Domenica del Tempo Ordinario – Anno C

La vita umana è vocazione. Lasciare tutto per avere tutto

Domenica 7 febbraio – V Domenica del Tempo Ordinario – Anno C
Is 6,1-2a.3-8; Sal 137; 1Cor 15,1-11; Lc 5,1-11

La liturgia della quinta domenica del tempo ordinario ci presenta il brano evangelico della pesca miracolosa con la chiamata dei primi discepoli. La vocazione è il “filo” che unisce le letture della giornata.

Nella prima lettura ci viene proposta la vocazione di Isaia, mentre nella seconda è san Paolo che confessa pubblicamente di essere stato chiamato da Cristo.

In questo giorno, inoltre, la Chiesa italiana celebra la 38esima Giornata Nazionale per la Vita con il bellissimo tema “La misericordia fa fiorire la vita”. C’è un collegamento strettissimo fra la vita e la vocazione: la vita umana è vocazione. Noi, di solito, usiamo la parola “vocazione” solo per indicare alcune persone (preti, frati, suore, missionari, ecc.) ma non è esatto, perché tutti siamo chiamati, in ogni istante, a esistere. Nella nostra libertà possiamo anche essere indifferenti al progetto di Dio, lasciando coprire la chiamata di Cristo dalle voci del mondo. Resta però il fatto che si nasce perché amati da Dio. È la fede che ci fa aprire gli occhi su questo, che ci rende coscienti di avere una vocazione.

Il messaggio dei vescovi italiani per la Giornata per la Vita si apre con un’affermazione di papa Francesco, tratta da una meditazione mattutina a Santa Marta: “Siamo noi il sogno di Dio che, da vero innamorato, vuole cambiare la nostra vita”. Dio, nella sua grande misericordia, fa fiorire la nostra vita. Questa è la vocazione.

Nel brano di Vangelo attraverso l’esperienza di Pietro possiamo leggere la missione della Chiesa, ma anche la chiamata di ognuno di noi. Quando Gesù chiama a seguirlo chiede sempre di lasciare tutto. È un lasciare tutto per avere tutto. Non che le cose di ogni giorno non abbiano valore anzi, in Cristo, acquistano un’intensità superiore, a cominciare dai legami familiari. Cristo ci chiama a una presa di posizione decisa nei suoi confronti. Ci chiama a essere “pescatori di uomini”, a seguirlo per annunciare, con la vita e la parola, il Vangelo, la bella notizia che Lui è morto per i nostri peccati ed è risorto. Sorge allora spontanea una domanda: “Io che tipo di Vangelo annuncio?”.

Il successo della nostra missione non dipende principalmente da noi, ma sta tutto nella forza della Parola di Gesù. Se ci affidiamo a noi stessi, la “pesca” sarà fallimentare; se ci fidiamo della Parola di Gesù, la pesca sarà abbondante. Pietro con la sua risposta ci è maestro: “Sulla tua parola getterò le reti”. Egli obbedisce, ma soprattutto si fida di un ordine che poteva sembrare inutile poiché Lui e i suoi amici avevano faticato tutta la notte e non avevano pescato nulla. Di fronte al miracolo, cioè alla scoperta dell’identità di Gesù, prova stupore e prende coscienza della sua indegnità. A questo punto può intraprendere la propria missione di collaborazione con il progetto di Dio, “essere pescatore di uomini”.

Marco Castagnoli

Pubblicato giovedì 4 Febbraio 2016 alle 00:00

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