Dislessia, un universo da saper riconoscere

CESENA – La parola dislessia racchiude un universo ampio e articolato, sconosciuto ai più. Solo chi ne è coinvolto si ritrova nella necessità di informarsi. La dislessia non è una malattia, ma una caratteristica. Non ha sintomi uguali per tutti. Un bambino dislessico può avere problemi in matematica in quanto confonde il “più” con il “meno”, mentre un altro può avere problemi nella lettura. Forse, l’aspetto più difficile sta proprio nel comprendere che un bambino è dislessico e non “vagabondo” o “distratto”.

Nel territorio di Forlì-Cesena opera l’Aid, l’Associazione italiana dislessia, che conta circa 200 soci. Ma sono molte di più le famiglie che vi si rivolgono per avere un aiuto, un parere, per confrontarsi e per capire cosa fare quando a un figlio viene riconosciuta questa caratteristica.

Il sodalizio dà tutte le informazioni necessarie e organizza incontri. Il prossimo si svolgerà lunedì 30 novembre alle 20,30 in piazza Anna Magnani (sala adiacente uffici Ausl) e avrà come tema le difficoltà dei bambini dislessici nello studio della lingua inglese. Interviene la docente Paola Fantoni. In genere l’Aid si riunisce ogni secondo giovedì del mese in via Pistoia 58, dalle 21 (informazioni al 350/5008487).

“Ogni ragazzo dislessico non è confrontabile con altri – spiega Manuela Pedrelli, socia attiva Aid – e ha caratteristiche, limiti e pregi del tutto personali. Dal 2010 vi è una legge che tutela l’apprendimento scolastico dei bambini con dislessia. Tutto sta nel capire il problema. Nei decenni scorsi molto spesso un bambino dislessico veniva etichettato come vagabondo, distratto, senza voglia, oppure irrequieto. Molti bambini reagiscono ribellandosi: capiscono di avere dei limiti e non accettano di non riuscire in cose che per altri sono banali”.

Per la famiglia si tratta di un impegno sotto tutti i punti di vista. Si va dalla preoccupazione iniziale allo smarrimento al momento della diagnosi, dai dubbi su chi rivolgersi all’aiuto quotidiano per i compiti o alle lezioni private.

“Un momento delicato – aggiunge la referente – è quando il ragazzino comunica ai propri compagni il proprio problema. In genere gli amici capiscono in fretta la situazione e non fanno mancare il proprio aiuto. L’importante è che non ci siano esclusioni”.

“Per le famiglie, l’aspetto più importante è non rimanere soli”, conclude Pedrelli. “Confrontarsi con persone che hanno affrontato lo stesso cammino rappresenta un supporto morale e materiale utilissimo”.

Cristiano Riciputi

Pubblicato giovedì 26 Novembre 2015 alle 00:02

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