Viaggio in Francia del vescovo Douglas, la cronaca/2

Continuiamo la pubblicazione della cronaca del viaggio-pellegrinaggio che il vescovo Douglas ha compiuto in Francia, insieme a Luciano Veneri e a Graziella Batani, ai primi di luglio. Si susseguiranno varie puntate che saranno pubblicate sempre nella sezione Chiesa e Diocesi.

Secondo giorno, Martedì 7 luglio 2015
Svegliatici per tempo alle 7 io e Graziella siamo andati alla reception per pagare il conto e attendere poi il vescovo con il quale abbiamo appuntamento per la colazione; lui si sveglia sempre alle 5.30 e poi attende con carità noi che dormiamo un po’ di più,.
Con sorpresa abbiamo scoperto che non c’è ancora nessuno, tutto era chiuso, compreso il portone per uscire dal parcheggio. Solo allora ci siamo accorti di un avviso che nessuno ci aveva fatto notare: sia la colazione che il pagamento prima delle 8.30 andavano prenotati la sera prima! Abbiamo un po’ di esperienza di alberghi nel mondo ma è stata proprio la prima volta che ci è successo qualcosa del genere.

Dopo una ventina di minuti, fortunatamente è comparso il gestore, cuoco e tuttofare che, pur con lo sguar-do assonnato si è adoperato per aiutarci; non sapendo usare il computer (in francese ordinateur) è riuscito ad incassare il saldo ma non a stamparci il conto.
Siamo riusciti a partire alle ore 7.35 con destinazione Vezelay per la visita alla stupenda cattedrale dedicata a Santa Maria Maddalena, tutelata dall’Unesco per la sua importanza storica e artistica e, se possibile, per la celebrazione dell’Eucarestia
Dopo la partenza, recita dell’ufficio e letture e, dopo circa un paio di ore di tragitto, lungo le strade di campagna della Borgogna che serpeggiano fra vigneti, boschi e attraversano paesini con antiche case di pietra, siamo arrivati a destinazione. Vezelay, da sempre uno dei quattro punti di partenza per Santiago de Compo-stela, è ancora un piccolo borgo medievale, sormontato dalla cattedrale che domina dall’alto della collina.
Dopo una breve colazione siamo saliti a piedi verso la nostra meta: bella la facciata ma stupendo timpano sopra il portale principale all’interno del nartece; entrando poi in chiesa si resta quasi abbagliati dalla luce che dalle finestre gotiche dell’abside, di stile cluniacense, si irradia lungo la navata centrale e le due laterali dando volume e vigore alle innumerevoli figure rappresentate nei capitelli di ogni colonna!
Durante alcuni momenti di raccoglimento è comparsa una monaca in abito da lavoro che si accingeva ad annaffiare le piante presenti nelle cappelle laterali, abbiamo quindi approfittato per chiederle se sarebbe stato possibile celebrare l’Eucarestia per il nostro vescovo. Dopo una iniziale risposta che ci presentava tutte le difficoltà del caso e dopo avere verificato che davvero eravamo in compagnia di un vescovo ha eviden-temente ascoltato l’invito che sicuramente lo Spirito le ha fatto pervenire e, lasciando a terra i suoi attrezzi, si è diretta decisamente verso la sacrestia dicendo fra sé: “è più importante la Messa che le pulizie!”
Mentre preparava il necessario per la liturgia abbiamo saputo che fa parte della Fraternità monastica di Ge-rusalemme, già incontrata da mons. Douglas e presente anche nell’Appennino romagnolo a Gamogna, a Fi-renze, Roma ecc.
Pochi minuti dopo, alle ore 11 circa, Mons. Douglas ha potuto celebrare nella cappella ricavata nella ex sala capitolare della basilica presenti noi due. Ci siamo sentiti veramente un piccolo gregge al quale è affidata però una grande responsabilità. Il Vangelo del giorno (Mt 9,32-38) ci ha comunicato che “servono molti operai disposti ad annunciare il vangelo” e una coppia di sposi in Cristo, diaconale o no, non può tirarsi indietro davanti a questo pressante invito del Risorto!
Così come era comparsa e come già era successo con la suora visitandina di Annecy, della monaca che ci ha aiutato non abbiamo più trovato traccia, a parte i suoi attrezzi ancora a terra vicino ad una pianta.
Dopo avere ammirato buona parte dei capitelli di questa meraviglia fra i quali quello piuttosto sconvolgente, dedicato a Giuda il traditore (allego la foto e un interessante commento di Paolo Curtaz), siamo ritornati verso il parcheggio per ripartire e raggiungere la metà di tutto il pellegrinaggio: Lisieux.
Cercando il telefono in tasca ho però avuto la bella sorpresa di trovare la chiave della camera dell’albergo, dimenticata lì senza averla riconsegnata. Come fare? Al telefono l’albergatore, lo stesso così abile nell’uso dell’ordinateur, ci ha invitato a spedirla per posta, ottima soluzione ma certamente una perdita di tempo prezioso.
Forse è stato il vescovo a pregare nella giusta maniera o magari opera del mio angelo custode al quale spesso chiedo favori, fatto sta che abbiamo notato un furgoncino delle poste francesi parcheggiato nella piazza antistante la basilica! Pochi attimi dopo è comparsa una giovane postina, piuttosto in carne, che allegramente canticchiava una canzone mentre sistemava alcune buste. Alla nostrarichiesta di aiuto ha risposto che l’ufficio postale era chiuso ma che avrebbe provveduto lei personalmente a ritirare la nostra chiave, inserirla in una busta adatta (ci ha fatto scegliere il formato fra alcuni fac-simili) francobollarla e spedirla a destinazione con garanzia di arrivo il giorno dopo! Che sogno per noi italiani un servizio così e svolto cantando con un sorriso contagioso! Costo € 1,50. Non mi permetto di supporre cosa abbia pensato mons. Douglas ma io e Graziella abbiamo cominciato a pensare che tutta una schiera di angeli si stava occupando del nostro cammino.
Siamo finalmente ripartiti verso le ore 12.10 verso Lisieux, recitando lungo il percorso l’ora media e ferman-doci in una comoda area di sosta, sotto l’ombra fresca degli alberi, per un veloce ma piacevole pic-nic nei tavoli predisposti. Mangiando ho proposto una sosta a Chartes per una veloce visita alla famosa cattedrale dedicata a Notre Dame, visto che il nostro percorso non passava lontano.
Abbiamo verificato la carta stradale e notato che, per vistare Chartes, saremmo arrivati più tardi a Lisieux e modificare quindi il nostro programma per il giorno successivo, posticipando al pomeriggio Mont San Michel per avere tutta la mattinata da dedicare al Monastero del Carmelo, alla Basilica di Santa Teresa e alla cattedrale; tutto considerato ci è sembrata una ottima soluzione.
Già verso le ore 16.00, continuando la lettura dei testi di Santa Teresina, siamo arrivati nell’enorme parcheg-gio sotterraneo che sembra attraversare tutta la città di Chartres e dal quale si emerge a poca distanza dalla cattedrale; questa, all’interno, è, purtroppo per noi, in restauro e non abbiamo avuto la possibilità di goderne la vista ad eccezione delle meravigliose vetrate gotiche caratterizzate dal dominante colore detto blu di Chartres e dell’esterno con i numerosi archi rampanti e le varie statue e personaggi scolpiti nella pietra.
Dopo una breve passeggiata siamo ripartiti percorrendo lunghi tratti con piatte distese di grano a perdita d’occhio in buona parte ancora da mietere; dopo avere recitato nona e vespro, alle 19.30 siamo arrivati a destinazione, un albergo nella prima periferia commerciale di Lisieux, senza fronzoli e con solo un minimo di servizio. Dopo pochi minuti abbiamo ripreso l’auto per raggiungere il centro, fare una prima passeggiata e cenare in una piccola brasserie piena di giovani dove il cameriere alla scelta dei nostri tre piatti non faceva che ripetere: quelle merveille!
Verso le ore 22, con ancora una bella luce, siamo andati a piedi alla grande basilica e poi in auto alla casa dove visse la famiglia Martin: “I Buissonnets”; poi ritorno in albergo per il meritato riposo dopo esserci dati l’appuntamento per la mattina successiva alle ore 7.30, con l’intento di avere tutta la mattinata a disposizione per andare subito al Monastero del Carmelo ad incontrare Santa Teresina.

La basilica di Santa Maddalena a Vèzelay – commento di Paolo Curtaz
La basilica di Vèzelay stupisce ed inquieta. Per la sua posizione, nel cuore della Borgogna, sulla via che conduce a Santiago, per la sua architettura romanica perfetta che la rende la più grande e meglio conservata chiesa dell’epoca, per i suoi colori e la sua luce, per essere passata alla storia come custode delle reliquie di Maria Maddalena.
Qui, nel medioevo, migliaia di pellegrini venivano a chiedere misericordia, a imparare da colei che, più di ogni altro discepolo, aveva incontrato la compassione di Cristo.
Qui, ancora oggi, intatta, la forza delle pietre e dei capitelli, del timpano mozzafiato, della delicatezza delle sculture. Molti amanti dell’arte conoscono lo splendido Cristo in gloria che troneggia o il capitello del mulino mistico.
Pochi, pochissimi, conoscono il capitello di Giuda. Perché si trova in alto, all’imposta della crociera, il primo entrando a destra.

Le foto, oggi, ci permettono ci colmare la distanza fisica che ci separa dall’osservazione di questo capitel-lo posto a venti metri dal suolo. Forse non quella spirituale.

Da un lato il capitello racconta l’impiccagione di un Giuda disperato, travolto dai suoi sensi di colpa, inca-pace di perdonarsi. Il volto inquieto, la lingua penzoloni, diavoli orribili che lo circondano. La classica rap-presentazione truculenta e violenta del traditore.

Del discepolo, direbbe san Giovanni nel suo vangelo, dell’apostolo. Troppo semplice dividere gli uomini in buoni e cattivi. Il confine passa dentro di noi, non fuori.
Ma è l’altro lato della storia che sconvolge. Che osa.
Un uomo porta sulle spalle Giuda esanime. Il volto è quasi deforme, in una smorfia incomprensibile. Chi è? Che fa? Molte interpretazioni fanno impazzire gli storici.
Ma chi conosce il vangelo sa cosa dice quel capitello. Sa cosa ha osato pensare l’artigiano che l’ha scolpito e il monaco che l’ha ispirato.
Quell’uomo vestito con la tunica corta è un pastore. Il buon pastore che porta sulle spalle la pecora per-duta. La smorfia divide in due parti esatte il volto: una è accigliata e triste per la morte di Giuda. L’altra sorride perché, ora, Giuda è salvo.
O, se volete, la smorfia è segno della fatica che Dio fa per incontrarci.
Come diceva Gesù a Santa Caterina: se gli uomini sapessero che cosa è diventato Giuda, abuserebbero della mia compassione.
Nella basilica di Maria Maddalena si poteva osare tanto.
Alla fine del percorso fatto dal pellegrino, uscendo dalla porta della rinascita, l’ultimo capitello che lo ac-compagna è quello del debordamento della misericordia.

Fraternità Monastiche di Gerusalemme
Nel cuore della Chiesa Cattolica le Fraternità Monastiche di Gerusalemme riuniscono, in due istituti, fratelli e sorelle, che hanno come vocazione specifica di creare nel «deserto delle città» delle oasi di preghie-ra, silenzio e pace.
Sono nate nel 1975 il giorno di Tutti i Santi, nella chiesa di Saint-Gervais, dall’incontro fra il desiderio del Cardinale François Marty, allora arcivescovo di Parigi, e la proposta del padre Pierre-Marie Delfieux, cap-pellano degli studenti alla Sorbona, fondatore delle Fraternità di Gerusalemme.
Situate oggi a Parigi, Vézelay, al Mont-Saint-Michel, Strasburgo, Bruxelles, Firenze, Montreal, Roma, Co-lonia e Varsavia – così come in due luoghi di accoglienza e ritiro: Magdala, nella regione della Sologna e Gamogna, in Toscana – le Fraternità Monastiche di Gerusalemme vivono, con delle sfumature particolari secondo le diverse situazioni, lo stesso carisma fondamentale di vita fraterna, preghiera, lavoro ed acco-glienza «nel cuore delle città» o «nel cuore del mondo», cercando di dimorare sempre «nel cuore di Dio».
Un carisma che mette particolarmente l’accento sulla bellezza della liturgia, oasi di pace in cui ciascuno può venire a rigenerarsi, a sera, al mattino o a mezzogiorno, e trovare riposo in Dio, dal ritmo sfibrante della città.

Pubblicato mercoledì 22 Luglio 2015 alle 08:11

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