Commento al Vangelo – XIV domenica tempo ordinario – Anno B

Quanta fatica passare dallo stupore alla fede

Domenica 5 luglio
Ez 2,2-5; Salmo 122; 2Cor 12,7-10; Mc 6,1-6

“Gesù venne nella sua patria, si mise a insegnare nella sinagoga e molti, ascoltando, rimanevano stupiti”. Gli abitanti di Nazareth sono tutti d’accordo nell’affermare che Gesù fa delle cose che sono fuori dal comune, che le sue parole lasciano a bocca aperta: nessuno mai aveva operato cose del genere, eppure… non accettano che proprio lui, il concittadino carpentiere, possa essere il figlio di Dio.

Ci sembra essere la reazione, quasi scontata, di persone superficiali che, anziché cogliere la straordinarietà della parola di Gesù, si lasciano condizionare dalle sue modeste origini, dall’ordinarietà della sua famiglia, figlio del falegname, di Maria, una semplice donna del villaggio, per scandalizzarsi. Questo atteggiamento non può che generare incredulità e scarsa disponibilità ad accogliere il dono di Gesù presente in mezzo a loro. E contro questa incredulità nemmeno Lui può intervenire: “E non poté operare nessun prodigio”.

Sono passati duemila anni e le cose non sembrano essere cambiate. Quanta fatica facciamo a passare dallo stupore alla fede. Siamo esperti nel tentare di azzerare la fantasia di Dio pur di mantenere le nostre granitiche certezze, i nostri schemi spesso irremovibili, rischiando di non vedere i sentieri nuovi che lo Spirito tenta di indicarci.

Quante volte ci “scandalizziamo” se le cose non vanno secondo le nostre aspettative; quanta difficoltà ad accettare un risultato, seppur buono, frutto di scelte di altri, ma che non rientra nei nostri schemi. Quanto ci secca accettare che il nostro schema mentale non abbia fatto le giuste previsioni… Siamo esperti a lamentarci che siamo sempre in pochi, che son sempre quelle facce e poi se arriva qualcuno di nuovo lo badiamo a vista per vedere se fa come abbiamo sempre fatto noi: perché questo è quello che conta.

Non riusciamo a cogliere che Dio rovescia sempre gli schemi. Forse è bene che cominciamo a chiederci, onestamente, se la nostra logica e il nostro modo di pensare non ci impediscono, a volte, di riconoscere la presenza di Gesù nella nostra vita e nelle persone con cui abbiamo a che fare.

Allora la preghiera personale e di coppia diventa molto importante perché ci dona occhi nuovi capaci di vedere l’opera di Dio, la sua bontà, il suo aiuto anche fra le persone e nei luoghi dove noi non ce li aspetteremmo: e così potremo vedere che “tutto concorre al bene di coloro che amano Dio”, a partire dalla nostra debolezza.

Sabrina e Andrea Delvecchio

Pubblicato giovedì 2 Luglio 2015 alle 00:00

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