Don Mario Lucchi, sacerdote da 70 anni

di Matteo Venturi

RUBICONE – Settanta anni da prete per monsignor Mario Lucchi. Nato a Montiano il 15 gennaio 1920, è il decano dei sacerdoti della diocesi di Cesena-Sarsina. Domenica 28 giugno, vigilia dell’anniversario dell’ordinazione, celebrerà alle 11 una Messa solenne di ringraziamento, nella chiesa di San Cristoforo a Longiano, la parrocchia che ha guidato per ben 45 anni. Sarà presente il vescovo Douglas Regattieri.

A 95 anni, don Mario guida ancora la macchina (si reca ogni pomeriggio a Budrio per celebrare una Messa) e vanta una memoria di ferro. Oggi vive grazie ai fondi del Sostentamento del clero. Fondi che provengono in gran parte dall’8xmille. Tiene il conto delle Messe celebrate dal 29 giugno 1945. Al termine della scorsa settimana erano 29.665.

Don Mario, come è maturata la sua vocazione al sacerdozio?

La vocazione è nata a otto anni, nel giorno della mia Prima Comunione, quando dissi con la suora che mi faceva il catechismo che volevo farmi prete. Già da due anni facevo il chierichetto ed ero inserito in quella che era la vita di una parrocchia. Avevo avuto una consacrazione particolare perché, quando fui battezzato, un’amica della mia mamma mi portò all’altare della Madonna e pregò affinchè diventassi prete.

È stato facile diventare sacerdote?

Sono entrato in seminario in ritardo perché i miei genitori non avevano i soldi per mantenermi. Ce la fecero prendendo delle mucche e vendendone il latte. Ho frequentato il seminario a Cesena e poi sono andato a Bologna a completare gli studi. Sono stato ordinato sacerdote il 29 giugno 1945 dal vescovo Beniamino Socche, all’altare della Madonna del Popolo in Cattedrale, alle 7 del mattino, senza un fotografo che immortalasse l’evento. Eravamo in sette. I miei compagni di ordinazione sono morti tutti.

È arrivato subito a Longiano?

Il vescovo mi volle prima cappellano a San Pietro a Cesena, dove vi rimasi cinque anni. Il 4 luglio 1950 mi chiamò e mi disse che sarei dovuto andare a Longiano. Presi possesso della parrocchia il 27 agosto 1950. Vi rimasi per 45 anni, fino all’8 ottobre 1995. Al mio arrivo, trovai la chiesa distrutta. Mi prodigai tanto per riuscire a metterla a posto.

È diverso essere prete oggi rispetto a settanta anni fa?

Nel 1945 le difficoltà erano maggiori perché c’era tutta la rovina della guerra. La gente era avvilita, sbandata, viveva nella miseria. C’era anche il comunismo che faceva una gran lotta contro i preti. Quando ero cappellano a San Pietro, mi tirarono un sasso mentre passavo in bicicletta. Noi preti avevamo un coraggio enorme. Non avevamo paura di niente. Il Signore ci dava il coraggio. Adesso la vita del sacerdote è più tranquilla, nel senso che può lavorare con minori opposizioni e preoccupazioni.

Quali le fatiche e le soddisfazioni in settant’anni di sacerdozio?

Le fatiche non le ho mai calcolate. Le gioie sono le soddisfazioni dei risultati ottenuti, come le vocazioni che sono maturate a Longiano: il missionario don Giorgio Bissoni, i francescani padre Mario Zamagni e padre Antonio Carigi, don Corrado Mongiusti, don Aldo Menghi e diverse suore. Più passano gli anni e più per me diventa gioioso e bello il sacerdozio. Lo vivo in una maniera meravigliosa. La gioia aumenta con l’aumentare degli anni.

Pubblicato giovedì 25 Giugno 2015 alle 00:01

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