L’ennesimo mancato ricordo

di Michelangelo Bucci

C’è una Storia che si celebra e si ricorda, anno dopo anno, anniversario dopo anniversario, per non ripetere gli stessi errori. Per prendere a esempio alcune grandi figure, imparare qualcosa da chi ci ha preceduto, riflettere a freddo su piccole e grandi scelte sciaguratamente banali, come solo il male sa esserlo. Ma quando una parte di memoria resta nascosta, sepolta sotto il tappeto della Storia, in un impasto di vergogna e rimozione talmente denso da non permettere neppure una pubblica smentita, allora i piatti del ricordo si sbilanciano pericolosamente. E anche la storia più bella ed edificante può prestare il fianco alle critiche, legittime, di chi non sopporta una memoria a senso unico.

A Cesena la pagina strappata dal libro della memoria riguarda i morti nel cosiddetto “eccidio della Rocca”: 17 persone uccise sommariamente, a guerra ampiamente finita, da un commando di partigiani. Una pagina rimossa non tanto nei cuori dei familiari degli uccisi, tra i pochi a mantenere vivo il ricordo con il loro fardello di dolore, ma dalle celebrazioni ufficiali. Un altro 9 maggio è trascorso senza che l’Amministrazione abbia speso una sola parola per quei morti di 70 anni fa, nonostante in passato siano state spese promesse e rassicurazioni in tal senso.

Il Corriere Cesenate se ne è occupato a più riprese. Come ha ricordato il direttore nell’editoriale della scorsa settimana, da queste colonne spesso si è levata la richiesta di una memoria per quei morti innocenti, uccisi a sangue freddo, nel sonno, senza processo: 17 prigionieri detenuti alla Rocca Malatestiana, morti perché si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato. La guerra, quel 9 maggio era finita. Finita in Europa, da un giorno. Finita in Italia da un paio di settimane. Ma soprattutto finita a Cesena, liberata dagli alleati quasi sette mesi prima.

Su quell’eccidio, sui quei morti, le istituzioni locali non hanno voluto spendere parole in passato. Qualche spiraglio venne nel 2007 dall’allora sindaco Giordano Conti, che promise un ricordo degli uccisi in occasione del 4 novembre (festa delle Forze armate, dell’unità nazionale e dei caduti di tutte le guerre). Conti però partì per l’estero e l’impegno venne disatteso. Ad ogni celebrazione cittadina l’eccidio è sempre rimasto un tabù. Anche sabato scorso, 9 maggio, quando l’Amministrazione comunale ha doverosamente ricordato in piazza Aldo Moro le vittime del terrorismo e delle stragi.

A Cesena, a quanto pare, non è ancora giunto il tempo della misericordia nei confronti dei morti e di un ricordo utile a ricucire quella tela comune che lega la comunità dei vivi.

Corriere Cesenate 19-2015

Pubblicato martedì 12 Maggio 2015 alle 18:30

Una risposta a “L’ennesimo mancato ricordo”

Commenti

  1. Paolo Turroni 14 Mag 2015 / 08:44

    Michelangelo ha perfettamente ragione: chi erano i morti alla Rocca? Come erano finiti lì? Perché vennero uccisi? Perché venne uccisa la giovane donna, il giorno prima? Essere informati è la prima cosa, poi ognuno si farà la sua idea. Non vuole essere un’affermazione provocatoria, ma come sostiene lo storico Isnenghi facendo riferimento alla guerra contro i briganti nel Sud dopo l’Unità d’Italia, al cui riguardo afferma che, nonostante le efferate violenze, fu necessaria per la sopravvivenza dello Stato italiano, così si potrebbe sostenere che per vincere la guerra civile e fare uscire l’Italia dall’orrore del ventennio fascista e dall’orrore delle violenze nazifasciste, fosse necessaria anche quella violenza. Lo diceva Mao, alla rivoluzione non si va come ad un pranzo di gala. Ma senza sostenere questa tesi estrema, va riconosciuto che da una parte e dall’altra ci furono violenze estreme: perché? Perché quando si combattono i fratelli c’è più violenza che quando si combattono popoli lontani fra loro. A settant’anni dai fatti, è arrivato il momento, come diceva Tacito, “sine ira et studio”, di raccontare anche quei fatti. Perché è da loro che è nata l’Italia repubblicana, da tutti loro: da quel ch’è stato fatto di male e dal quel ch’è stato fatto di bene.

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