Rottamai, guerra in un settore in crisi

RUBICONE – Con l’esplosione della crisi economica, lo smantellamento e dismissione di fabbriche e industrie, avevano sbloccato la cronica situazione di stallo che attanagliava il settore della rottamazione. Tutto il comparto, dalle piccole imprese artigiane di raccoglitori di metalli ferrosi, ai piccoli e medi commercianti che smistavano il materiale recuperato, aveva tirato una boccata d’ossigeno per le proprie finanze. Purtroppo si è trattato di un fuoco fatuo che si è consumato in breve tempo.

Sembrano lontani anni luce i tempi in cui la rottamazione era il settore trainante dell’economia del territorio gambettolese. L’intero indotto dava occupazione e sicuro reddito a tante famiglie e questo fino a che la crisi economica divampasse su tutto il territorio nazionale. Il mercato ha subito una brusca frenata sui volumi, sia del materiale da reperire sia sul valore dei prezzi che hanno segnato un – 30%.

La concorrenza spietata dei mercanti cinesi aveva già inferto un duro colpo all’economia locale, accaparrandosi ingenti quantitativi di materiale lasciando poco o quasi niente. “Si tratta di aggiungere un altro anello alla lunga catena dei settori paralizzati dalla crisi economica – afferma Davide Ricci segretario della Confesercenti gambettolese -. Come non bastasse si è generata una sorta di guerra tra poveri, che sta alimentando una concorrenza sleale, creata dai disoccupati che s’improvvisano “rottamai” per cercare finanze per la sopravvivenza. Purtroppo non è tutto: ad appesantire oltremodo il fardello ci ha pensato lo Stato con la sua assurda burocrazia”.

Diverse imprese del territorio locale e limitrofe hanno dovuto accollarsi oneri pesantissimi per regolarizzare le loro attività. “Si tratta – continua Ricci – di impianti di recupero di oli esausti e drenaggio, asfaltature dei piazzali, diversificazione dei conferimenti (vetro, plastica, pneumatici, batterie) e poi si vedono applicare assurde Tari (la tassa sullo smaltimento dei rifiuti) proporzionate alle dimensioni del fabbricato e dell’intera area produttiva, pur non producendo di fatto rifiuti. A questo punto auspichiamo ci sia, nel più breve tempo possibile, una reale ripartenza della produzione industriale, altrimenti dovremo assistere a una inevitabile e totale chiusura di un intero settore economico”.

Piero Spinosi

Pubblicato giovedì 23 Aprile 2015 alle 00:01

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