Vogliamo stare con queste mamme. Per sempre

Tania Mariani: “Molte donne abortiscono perchè pensano di non farcela”

“Siamo in quel momento dell’alba in cui la notte lascia il posto alla luce del giorno. E’ impressionante come si avverta forte la sacralità del cielo che accoglie le anime dei bimbi. Cielo e terra si congiungono. Noi ci mettiamo sotto la croce come Maria e preghiamo per questi piccolini”. Così Tania Mariani, referente della Papa Giovanni XXIII per le gravidanze difficili, racconta di quell’arco di tempo che va dalle 6.45 alle 7,30 di ogni primo e terzo venerdì del mese in cui si ritrova con un’altra trentina di persone a pregare, a Cesena davanti all’ingresso del “Bufalini”, per tutti i bimbi che perdono la vita in seguito agli aborti.

“Organizziamo questi momenti di preghiera dal 2012. Se prima si tenevano solo il primo venerdì di ogni mese, giorno della settimana deputato dal reparto di Ostetricia-Ginecologia alla pratica delle Ivg (Interruzioni volontarie di gravidanza), ora l’appuntamento è di due mattine al mese. Ci raduniamo con discrezione. Non vogliamo infastidire nessuno. Siamo lì, nell’orario in cui le mamme entrano in ospedale convocate per l’intervento, per pregare per loro e i loro bambini. Ci passano di fianco, ma noi non sappiamo chi sono. Non possiamo nemmeno riconoscerle perché questo intervento viene svolto in giornata e spesso le mamme non hanno con loro neppure una valigia con il cambio. Il gruppo che si è costituito in questi anni è molto eterogeneo. Ci sono persone di ogni età e provenienti dalle più diverse esperienze cattoliche. Il vescovo Douglas, se non è fuori città, è sempre con noi”.

Questo gruppo a volte rappresenta una presenza scomoda. “Sappiamo che l’essere lì – prosegue Tania – ci espone al giudizio della gente che passa. Il nostro pregare può infastidire. Non sono mancate persone che negli anni hanno inveito contro di noi, rimproverandoci di accusare le mamme e di mettere il dito nella piaga. Non vogliamo proprio giudicare nessuno. Per noi le mamme sono le prime vittime di questo sistema e la prima persona che accogliamo è proprio la mamma. Io stessa, che da anni mi occupo di seguire mamme con gravidanze difficili, ne incontro tante che hanno compiuto l’aborto. Sono donne che sono morte dentro con i loro piccolini. Parlano della solitudine in cui hanno vissuto quel momento. Alcune confessano di aver pensato anche di compiere un gesto estremo. Non sono solo mamme straniere, come erroneamente si pensa. Sono tante anche le italiane. Alcune perché pensano di non farcela ad accogliere il terzo o quarto figlio. Altre perché, raggiunte da una diagnosi prenatale in cui sono evidenziate patologie del nascituro, non si sentono in grado di affrontare un tale dolore. Noi vorremmo poter essere vicini a queste mamme in questi momenti e ci stiamo muovendo per poter avere un referente dell’associazione Papa Giovanni proprio all’interno dell’ospedale. Si deve valutare la componente emotiva in cui le mamme sono raggiunte dai risultati delle diagnosi. Per 4/6 settimane vivono con una spada di Damocle sulla testa. Quando vengono a sapere che il loro bimbo è malato, spesso sono molto vulnerabili. Molte vorrebbero metter fine a quel tormento in breve tempo e a volte, incalzate anche dalla tempistica, compiono una scelta affrettata”.

L’amniocentesi viene eseguita tra la 15esima e la 18esima settimana di gestazione e i risultati arrivano a ridosso del limite che la legge impone per l’interruzione di gravidanza tardiva fissata a 24 settimane. A Cesena l’ospedale si è dato come limite per gli aborti tardivi quello delle 22 settimane + 3 giorni, periodo gestazionale in cui è molto difficile la sopravvivenza del bambino.

“Nella maggioranza dei casi – conclude Tania – non c’è il tempo materiale per metabolizzare la notizia. Vorremmo potere essere presenti in ospedale in queste circostanze in modo da sostenere le mamme e offrire loro anche le informazioni complete per poter affrontare la malattia del figlio. Anche per far capire come molte diagnosi che appaiono infauste, in realtà sono compatibili con la vita. Noi siamo disposti ad aiutare queste donne senza limite di tempo perchè questo legame diventa un’amicizia. La nostra accoglienza non è solo per un breve periodo, ma per tutta la vita. Grazie a questo sostegno, forse tanti bambini potrebbero avere la loro occasione”.

Barbara Baronio

Pubblicato giovedì 16 Aprile 2015 alle 00:01

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