Non alimentare la cultura della paura e del sospetto. Amare la verità, sempre e comunque. Sullo stile di papa Francesco

Caro direttore,
ho letto le tue risposte ai lettori, con particolare riferimento a: “Ancora su Islam e strage di Parigi” pubblicate la scorsa settimana. Non potevo mancare all’eccezionale evento, che definirei storico per la comunità cesenate non musulmana, di poter entrare per la prima volta nella loro moschea, come graditi ospiti, per uno scambio culturale e di dialogo.

Nessuno ha riportato, penso volutamente per le solite ragioni, che raramente accetto, del “corretto politicamente” sull’unico intervento fatto dal sottoscritto su quello che sarebbe dovuto essere l’inizio di un ampio dibattito fra le parti. Per lavoro ho soggiornato anche in Paesi a prevalente religione islamica, per cui mi sentivo molto sicuro e per niente intimorito nel raccontare la mia esperienza vissuta in quel “mondo” molto diverso dal nostro. Esattamente cinquanta anni fa a Karachi, in Pakistan, iniziava la mia avventura in giro per il mondo. Per entrare nell’argomento, che a me interessava più di altri e cioè l’integralismo islamico, ho fatto cenno alle Crociate e alla Inquisizione perpetrata in nome di Dio dai cristiani. Ho così chiesto al mio interlocutore e moderatore cosa intende fare la comunità islamica moderata per fermare questi massacri, considerato che l’Islam predica come nel Cristianesimo la non violenza. Ho aggiunto che spetta quindi a loro fermare questi massacri. Nessuno dei presenti si aspettava un intervento su questo argomento per cui, oltre a non esserci stata nessuna risposta, venivo gentilmente congedato con la nota che l’Imam era a disposizione per domande di carattere più teologico.

Dissento dalla tua risposta data agli scriventi, perché la storia a volte si ripete. Il mondo reale è quello che tutti i giorni vediamo e sperimentiamo anche sulla nostra pelle, altro che “il non praticare il processo alle intenzioni”! Le prove di dialogo interreligioso ogni tanto si fanno per poi, come la storia ci racconta, ognuno richiudersi nelle proprie convinzioni. I cristiani faticano a dialogare fra loro, figuriamoci con religioni scritte per popoli con una storia antropologica tutta diversa dalla nostra occidentale!

Semplificando, le religioni oggi sono un po’ come i governi: ognuno ha quelle che si merita. Sono del parere che gli islamici, pur moderati che siano, se costretti a scegliere si schiereranno sempre con il loro “Dio” e non con il Dio dei cristiani. Mi permetto altresì di pensare che fra le principali religioni del mondo, chi è più disposto a rinnegare la propria fede religiosa sia il cristiano che vive nell’opulenza e non nella miseria. Ogni credo religioso ha un suo preciso target che premia con il Paradiso chi più ha sofferto e dato nel nome del proprio Dio. Per una parte di islamici è la “guerra santa” contro l’infedele, e cioè il cristiano. Le cronache quotidiane ce lo raccontano.

Noi italiani abbiamo perso la nostra identità di cristiani in nome del “laicismo, buonismo e garantismo”, loro no. L’identità religiosa molto spesso viene prima di quella nazionale, escludendo gli italiani che non hanno né l’una né l’altra, in generale.

Marino Savoia
(Cesena)

P.S. I fuochi d’artificio in un giorno così importante per la cristianità vanno decisamente condannati senza se e senza ma. Poi, volendo, li fanno anche senza il botto. Il sindaco è quello che firma le ordinanze. I fuochi d’artificio col botto impauriscono gli animali e queste limitazioni dovrebbero essere a conoscenza di chi amministra la città e l’ambiente. La mia valutazione è che manca la sensibilità e cultura per fare certe scelte.

Carissimo Savoia,
lei ha risposto a caldo e forse qualcosa le è sfuggito. A parte il costante e imponente sacrificio di vite umane che i cristiani stanno subendo in diverse parti nel mondo (oggi è quella di religione la libertà meno rispettata nei cinque continenti), forse come mai è successo nei secoli. Lei tira ancora in ballo le Crociate e le guerre di religione. Mi sembrava, ma forse ricordo male (!) che ci fossero stati Papi che hanno chiesto perdono per certi comportamenti dei seguaci di Gesù Cristo. Ma ripeto, forse ricordo male.

Sul contenuto della mia risposta: certo che la storia si ripete e guai se non imparassimo dalle lezioni che da essa ci vengono. Sarebbe un errore imperdonabile. Errori che vediamo, purtroppo, perpetuarsi ogni giorno. Basterebbe citare quanto accaduto nella vicina ex Jugoslavia solo pochi anni fa, nel disinteresse generalizzato. E poi sarebbe sufficiente ricordare le frequentissime stragi di cristiani che avvengono nel “silenzio complice di Caino”, come ha ricordato papa Francesco domenica scorsa. Che ha aggiunto: “Laddove non sussiste la memoria significa che il male tiene ancora aperta la ferita. Nascondere o negare il male è come lasciare che una ferita continui a sanguinare senza medicarla!”.

Per tornare alla mia risposta, carissimo Savoia, lei ha dimenticato le mie ultime tre parole: “Sul resto, vigiliamo”. Ecco, mi pare sia più che sufficiente. La vigilanza, certo e sempre, ma non il processo alle intenzioni. Questo lo confermo. Altrimenti dovremmo diffidare di tutti. Non possiamo vivere guardandoci continuamente le spalle. Saremo forse ingenui, ma molto meglio l’ingenuità della convivenza alimentata dalla paura del sospetto.

Finisco: non dobbiamo temere la verità. Mai. Proprio come è accaduto allo stesso Pontefice nei giorni scorsi. Abbiamo il dovere di chiamare i fatti con il loro nome, senza affidarci agli equilibrismi, al buonismo troppo di moda e al politichese.

A presto.
Cordialmente.

Francesco Zanotti
zanotti@corrierecesenate.it

Pubblicato giovedì 16 Aprile 2015 alle 00:01

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