Riconoscere il limite

di Francesco Zanotti

Ci crediamo onnipotenti. O in buona parte, tali. Viviamo, corriamo, sbraitiamo come se i nostri giorni non dovessero avere mai fine. Come se quanto accade attorno a noi dipendesse soltanto dal nostro adoperarci, dal nostro costante e faticoso lavoro di ogni giorno. Ci sentiamo come un dio, certo con la lettera minuscola, ma pur sempre persone importanti, invincibili, che non conoscono confini.

Poi, quando accade qualche imprevisto, rischiamo in brevissimo tempo di perdere ogni certezza. Lo smarrimento è dietro l’angolo. La paura, l’angoscia e la solitudine diventano compagne di viaggio di chi fino a quel momento pareva il padrone del mondo. Tutto si sgretola. Allora diventa difficilissimo orientarsi di nuovo in situazioni mai previste.

Faccio queste riflessioni non solo sull’onda emotiva del disastro aereo causato dal copilota della Germanwings, ma anche tenendo presente la strage compiuta da un 57enne italiano al tribunale di Milano giovedì della scorsa settimana. Due eventi per certi versi riconducibili al dramma vissuto da persone non più in grado di riconoscere le proprie responsabilità.

“È sempre colpa degli altri – ha scritto Marina Corradi nell’editoriale pubblicato in prima pagina da Avvenire sabato scorso -. La tragedia di Milano pare quella di un uomo che non ha mai saputo dire: mi dispiace, ho sbagliato. Un’abitudine, quella di sapersi guardare e riconoscere colpevoli che è alla base della pedagogia cristiana, ma da decenni è dimenticata”.

Ecco, mi pare stia proprio qui il punto. Oggi tutto è permesso. Non si devono più porre ostacoli a nulla e a nessuno. Ognuno fa ciò che si sente. Ci si sposa e poi ci si lascia con la stessa facilità. Anzi, ormai non ci si sposa più. Si sta insieme sulla base degli affetti. E se gli affetti vengono meno, non ci sono più ragioni per stare insieme. Si desidera un figlio a ogni costo, anche andando in affitto (è un eufemismo) di un utero da una donna che viene pagata per questo. Un assurdo, una nuova forma di schiavismo che quasi nessuno ha l’ardire di dichiarare apertamente.

Non si ha il coraggio di affrontare la realtà che a volte, si sa, può essere difficile e terribile, ma non può essere evitata. Invece ci ribelliamo e in alcuni casi (il rischio dell’emulazione è fortissimo) portiamo con noi nel baratro vittime inconsapevoli, come è accaduto nei cieli di Francia e nelle aule giudiziarie milanesi.

Accadrà ancora, se ciascuno di noi non riconoscerà il proprio limite, la propria appartenenza a un Altro, da cui dipendiamo sempre e comunque. Malgrado altri, con la ‘a’ minuscola, vogliano farci credere il contrario.

Corriere Cesenate 15-2015

Pubblicato martedì 14 Aprile 2015 alle 18:30

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