La rivoluzione: il Fattore Famiglia nei nostri Comuni? Abbiamo visto che è possibile, proviamoci

Caro direttore,
l’hai chiamata una rivoluzione possibile l’introduzione del “fattore famiglia” nei Comuni della Diocesi. Maurizio Bernardi, ex sindaco di Castelnuovo del Garda, ce l’ha raccontata in una bella serata, organizzata assieme alla sezione locale dell’Associazione delle famiglie italiane.

Posso dirti che avevi ragione, è una rivoluzione possibile per una serie di motivi che sono stati illustrati in quell’incontro. È una rivoluzione, perché il punto di partenza del progetto è l’individuazione delle famiglie realmente bisognose di agevolazioni per i servizi comunali; in questo modo si mette al centro la persona e l’attenzione cresce fortemente in presenza di situazioni particolari (disabili, anziani, intensità dei carichi familiari…).

È una rivoluzione, perché non parte dal concetto che si devono dare semplicemente degli sconti in più a qualcuno danneggiando le casse comunali, ma si considera il budget disponibile per definire le priorità nei finanziamenti e la redistribuzione delle risorse in modo equo. La terza rivoluzione discende dalla sua applicazione integrale, che lo fa diventare uno strumento di democrazia deliberativa, nel quale possono dire la loro anche le famiglie e i cittadini sia nella fase della progettazione, sia nella sua attuazione concreta, con dichiarazioni veritiere dal punto di vista reddituale e finanziario.

Mi pare si tratti di un esempio della sussidiarietà circolare che il professor Zamagni illustrò durante la settimana sociale di Torino. Non è quindi solo un modo che consente di superare alcune distorsioni dell’Isee (indicatore della situazione economica equivalente). Aggiungo infine che oltre a essere una rivoluzione è anche possibile, perché il “Fattore Famiglia” è uno strumento di calcolo della condizione economica che diversi Comuni stanno già utilizzando in collaborazione con il dipartimento di Scienze economiche dell’Università di Verona.

Maurizio Bernardi ci ha segnalato che è un progetto di comunità al quale possono aderire tutti i Comuni d’Italia interessati (mi pare che dalle nostre parti abbia già dato un primo assenso il Comune di Forlì). La nostra Diocesi si estende su quattordici Comuni e diversi rappresentanti politici e amministratori hanno in passato dimostrato attenzione a questo tema, che ha a che fare con il futuro dei nostri figli, ai quali non dovremmo lasciare solo il frutto di un inverno demografico che sta avanzando inesorabilmente. Per realizzare la rivoluzione non basta però una dichiarazione di intenti, perché occorre sentire una chiamata comunitaria, da non ignorare o delegare, ma da trasformare in impegno costante a sostegno della famiglia.

William Casanova

Carissimo William,
grazie per la tua lettera. Non posso fare altro che limitarmi a invitare tutti a provarci, ad andare avanti, a puntarci fino in fondo. Se in favore della famiglia, cellula fondamentale per ogni società, un Comune italiano si è speso così tanto e con risultati egregi, perché non ci provano anche le nostre amministrazioni locali? Mi verrebbe da dire: provare per credere. A noi l’onore di portare avanti, e con forza, questa proposta “rivoluzionaria”. Una rivoluzione possibile, appunto.

A presto.

Francesco Zanotti
zanotti@corrierecesenate.it

Pubblicato giovedì 26 Marzo 2015 alle 00:01

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