Lo “scandalo” della confessione

A colloquio con don Onerio Manduca, penitenziere della Cattedrale di Cesena. “Non posso più considerarla come una lista di precetti, ma un incontro vivo di cui io sono il tramite

“Crea sconcerto vedere il Papa andare a confessarsi da un prete qualsiasi. E a mio avviso lui fa molto bene a suscitare questo scandalo”. Lo dice monsignor Onerio Manduca, canonico penitenziere della Cattedrale di Cesena. Classe 1933, don Onerio è stato anche rettore del seminario e per diversi anni parroco a Calabrina e San Piero in Bagno. Lo incontriamo in redazione per ragionare sull’inchiesta in quattro puntate “Peccatori e peccati” pubblicata la scorsa settimana sul fascicolo nazionale del Resto del Carlino.

“Vedere il Pontefice che si confessa, fa riscoprire a tutti la bellezza di questo sacramento. Perfino lui ne sente il bisogno”, aggiunge il sacerdote cesenate. “Vorrei capire: che cosa significa, come ha scritto il direttore del Qn ad Avvenire, considerarsi cattolico e non avere il dono della fede? Io dico subito – aggiunge don Onerio – che il direttore Andrea Cangini non ha rispettato la mia libertà e quella di tutti i preti che confessano. Se andassi io a carpire un segreto di cui è geloso e lo rendessi pubblico? Non c’è libertà senza verità. E la verità è che lui ha offeso gravemente quella cattolicità di cui si sente parte. Mi farebbe piacere incontrarlo per dialogare su ciò che significa libertà, laicità e fede. Può un giornalista offendere impunemente le convinzioni di un’altra persona?”.

Uno entra in confessionale con il registratore. Che effetto le fa?

La giornalista ha compiuto un atto gravissimo: ha scambiato il confessionale per una lavanderia e con malizia è andata a indagare se il lavandaio usava i detersivi migliori. E lei ci è andata usando le parole come un mitra contro quei poveri preti. Preti che consegnano la loro vita a Gesù Cristo perché possa abbracciare e rifare nuova la vita di chi è stato distrutto dal peccato. Come vorrei poter parlare con questa donna perché capisse il male che ha fatto. Ma contemporaneamente vorrei anche che non ne rimanesse schiacciata perché Gesù c’è anche per lei. Da quando ha pensato a questa inchiesta, assieme al suo direttore, Gesù la sta aspettando in uno qualunque dei confessionali di questo mondo. Dal momento in cui ho letto la sua inchiesta sto pregando per lei perché Gesù faccia presto ad abbracciarla, e magari l’ha già fatto oggi.

Andando senza dichiarare di essere giornalisti si scoprono più verità, è la giustificazione di chi ha realizzato queste puntate.

Entrare in confessionale a tradimento comporta una malizia in più. Si aspettavano preti contro il Papa. Invece si sono trovati di fronte preti fedeli. Vorrei poter raccontare la fortuna di essere sacerdote: un peccatore come tutti gli altri che ha ricevuto il dono di poter dire “Io ti assolvo…”, cioè “Io ti perdono”. E il primo che ha bisogno di essere perdonato e di fare un atto di fede nella confessione, è proprio lui.

Che accade nella confessione?

Non c’è nessuno psicologo, nessun medico o intellettuale che possa toccare l’umano fin nelle ultime pieghe come accade a un confessore. Si rinnova un ulteriore stupore: constatare che il cuore dell’uomo è uguale per tutti e la potenza di Cristo che lo cerca. Dietro la grata emerge anche un senso di impotenza: di fronte a certe situazioni il prete non può farci nulla. Può solo implorare: “Gesù salva me e lui. Adesso”.

Cosa è cambiato con papa Francesco?

Mi sono accorto che da quando c’è questo Papa non posso più confessare come prima. Ho un debito verso papa Benedetto, quello col quale mi trovo più in sintonia, ma riconosco la grazia che ho ricevuto incontrando don Giussani che ci ha sempre educato a considerare il Papa, qualunque sia il suo nome, la sua cultura, le sue preferenze e la sua umanità, come il punto di riferimento ultimo nei confronti di tutte le opinioni che sono sul mercato. Ora riconosco in Francesco questo punto di riferimento per me oggi, anche se a volte un po’ mi spiazza. Da quando c’è questo Papa le file ai confessionali si sono allungate.

E’ cambiata anche la confessione con Bergoglio?

Il modo di confessare in me si sta modificando perché non posso più considerare la confessione come una lista di precetti, ma un incontro vivo di cui sono il tramite.

C’è distanza tra Francesco e il resto della Chiesa, come l’inchiesta giornalistica in questione avrebbe voluto dimostrare?

Chi pensa così ha perso il gusto dell’obbedienza cristiana. La grazia di essere introdotto in questa esperienza me l’ha trasmessa don Giussani. L’obbedienza è uno stupore e una gratitudine di fronte a un padre che ti aiuta a crescere e a vivere. E non significa rinunciare a domandare, a cercare le ragioni di ciò che viene chiesto e confrontarle con le altre. Chi non obbedisce ha perso il gusto di rinnovarsi ed è vittima di tutte le ideologie. Di questo Papa occorre guardare l’essenziale riassumibile in tre punti. Il primo: l’incontro con Gesù oggi che avviene attraverso una persona che vive di lui (come per lui nonna Rosa). Secondo: l’amore all’uomo così com’è, concreto e povero (non solo di pane). Terzo: la Chiesa è fatta per il mondo. Non può rinchiudersi e compiacersi delle sue strutture sotto i campanili. E la missione è una sovrabbondanza di letizia che si comunica per l’incontro con Gesù. E più intensa è la gioia di questo incontro, più efficace è la comunicazione.

Fz

Pubblicato giovedì 19 Marzo 2015 alle 00:01

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