“I padri, custodi del destino di un’altra persona”

Il professore e scrittore Alessandro D’Avenia è stato il protagonista del secondo appuntamento dei “Dialoghi con la città”

Folla da stadio per l’incontro con il professore e scrittore Alessandro D’Avenia, giovedì scorso a Cesena. L’aula magna della facoltà di Psicologia si è riempita mezz’ora prima del previsto, così come la seconda sala collegata in videoconferenza al piano superiore.

Invitato dalla diocesi di Cesena-Sarsina nell’ambito dei “Dialoghi con la città”, D’Avenia doveva trattare il tema “Generazione senza padri”: “Non so se ci sia stata una generazione con più padri o meno padri – ha ammesso in apertura -. So che questo è il tempo che ci è dato da vivere. E so che i ragazzi che leggono non fanno notizia al Tg: o siete fatti male o siete una grande speranza”.

Parole che hanno caricato i tanti giovani presenti, condotti dalle parole del docente in un percorso educativo fatto di bellezza, speranza e attenzione al prossimo. “Ci raccontano dello sfacelo del Paese, ma la disperazione è un alibi. Pensiamo solo a quante ragioni avrebbe avuto per disperarsi don Pino Puglisi”. Proprio al sacerdote di Palermo, barbaramente assassinato dalla mafia nel 1993 per il suo impegno educativo a Brancaccio, D’Avenia ha dedicato il suo ultimo libro “Ciò che inferno non è”.

Per il giovane professore i genitori devono aiutare i figli nell’affrontare “i piccoli e salutari traumi dell’essere imperfetti”, stando accanto a loro in maniera sicura e discreta: “Quando si chiede ai ragazzi cosa abbiano fatto a scuola o durante il giorno, e loro rispondono ’niente’ anche se hanno vinto il premio Nobel, bisogna armare l’amore di pazienza. Quel ’niente’ dimostra che il bambino non c’è più ed è pronto a spiccare il volo. Ha solo bisogno di un genitore che dica che cosa fare senza farlo pesare. La sfida per il genitore è dire senza dire, entrare senza essere invadente. Dare ai propri figli un filo d’Arianna, ma lasciarli liberi di esplorare il labirinto e affrontare il Minotauro”.

I padri e gli educatori sono chiamati a farsi custodi del destino di un’altra persona: “Ai ragazzi diamo tanti oggetti, quando piuttosto dovremmo dar loro dei progetti. Nel mio caso fu un professore a piantare il seme, prestandomi un libro di poesie. Il seme non è ancora in grado di sapere quel che diventerà: ha bisogno di un padre”. Un’educazione, dunque, fatta di attenzione, semina, sostegno e non di controllo.

In questa logica, anche lo studio sarebbe da ripensare: “Oggi la letteratura si fa a brani, come in macelleria. Quando la smetteremo di avere a programma i programmi e metteremo a programma la bellezza, rendendo la scuola interessante, allora ce la godremo un po’ di più”.

Momenti toccanti nel corso dell’incontro quando lo scrittore si è confrontato con le domande degli adolescenti presenti, che in alcuni casi gli hanno aperto il cuore.

Finale di serata dedicato a don Pino Puglisi, con l’elenco dei rimpianti che si possono avere prima di morire: “Non aver vissuto secondo le nostre inclinazioni, indossando la maschera delle attese altrui. Aver lavorato troppo, trascurando i legami. Non aver detto abbastanza verità, ti amo e scusa. Non aver passato abbastanza tempo con chi amavamo. E non esser stati più felici. Ma don Pino non rimpiangeva nulla di tutto ciò, per questo sorrideva nell’attraversare la soglia”.

Michelangelo Bucci

Pubblicato giovedì 19 Marzo 2015 alle 00:01

Trattandosi di un vecchio articolo non è più possibile commentare.

Brevi quotidiane

Ultimi articoli

Ultimi interventi

Parole di Vita

Archivio Documenti