I coniugi Chiara ed Enrico: un esempio per tutti gli sposi

Testimonianza sulla storia dei Petrillo al primo incontro del Seminario di studi “Maschio e femmina li creò” promosso dagli Uffici di Pastorale familiare e sociale

Una coppia di ragazzi normali: si vedono, si piacciono, si mettono assieme, si lasciano e si riprendono, tra alti e bassi. Fino a quando scatta qualcosa: una proposta di nozze nel corso di un pellegrinaggio, alla quale segue un matrimonio costellato di prove pesantissime e grandi felicità inaspettate. Si tratta dei romani Chiara Corbella ed Enrico Petrillo. Lei è morta due anni fa per un carcinoma poco dopo la nascita del terzo figlio, quel bambino per cui aveva rinviato le cure contro il tumore.

La loro storia di amore e di fede è stata raccontata mercoledì scorso, in Seminario a Cesena, alla prima serata degli incontri organizzati dalla Pastorale Familiare e dalla Pastorale Sociale.

I coniugi Chiara e Francesco Tappi, del mercatese, hanno illustrato la storia di questi due ragazzi romani che, in forza del sacramento del matrimonio, si sono trovati ad accettare grandi croci affidandosi senza timore al Signore: “Chiara Corbello ed Enrico Petrillo – hanno spiegato i relatori – hanno trovato veramente nel matrimonio quegli “otri nuovi” di cui parla il Vangelo”.

“Un’anfora”, quella del matrimonio cristiano, in grado di portare in sé qualcosa di nuovo e diverso: “Hanno invitato Dio a danzare con loro”, ha commentato Tappi. Enrico e Chiara si conoscono nel 2002 a Medjugorje: lei era con le amiche, lui stava assieme a un’altra. Nel 2008, dopo anni di tira e molla, si sposano. Poco dopo, concepiscono una bimba. È anencefalica (le manca la scatola cranica) ma accolgono questa vita con gioia. Dopo il parto la piccola vive mezzora, giusto il tempo di battezzarla. Eppure i due coniugi sono colmi di gratitudine e il funerale della piccina, al quale partecipa poca gente (gli amici sono sopraffatti e non riescono a trovare le parole) si trasforma in un dolce accompagnamento al Padre, con i genitori che suonano per lei.

Passa poco tempo e la coppia concepisce un altro bimbo. Sulle prima sembra sano, poi si accorgono che non ha le gambe. In seguito emergeranno gravi problemi alle visceri e ai reni: è “incompatibile con la vita”. Anche lui vive appena mezzora, giusto il tempo di farlo battezzare dal frate francescano che segue la coppia, giunto a Roma direttamente da Assisi.

Al terzo tentativo arriva un figlio sano. Ma, nel corso della gravidanza, Chiara scopre che quella che pensava fosse una semplice afta alla bocca è in realtà un carcinoma. Aspetta di partorire, poi si fa pulire i linfonodi e comincia la chemioterapia nell’estate 2011. Nella primavera 2012 è dichiarata malata terminale: va alla cappella dell’ospedale col marito e con lui rinnova le promesse matrimoniali: “Dio sa quello che fa, fino ad ora non mi ha mai deluso. Poi un giorno capirò. Dio è fedele, Dio mantiene le promesse”.

La coppia decide di tornare un’ultima volta a Medjugorje, là dove tutto era cominciato, con amici e parenti al seguito. Chiara muore il 13 giugno 2012: fino a pochi minuti prima aveva scherzato e riso con il marito e gli amici. Padre Vito, l’amico francescano, nell’omelia del funerale dirà: “Mi sono sentito come il centurione ai piedi della croce: vedendo morire questa ragazza, abbiamo visto morire Cristo”.

L’eroismo del quotidiano di questa coppia è frutto della fiducia: fiducia in Dio, fiducia nell’altro, fiducia nel prossimo: “Un matrimonio felice si fonda su di un fidanzamento di guerra – hanno sottolineato i relatori – il loro fu molto travagliato. Ma poi sono stati pronti a rinunciare al possesso dell’altro e ad avere fiducia in Dio, grazie anche alla direzione spirituale, e la vocazione ha prevalso”.

La lezione impartita dai coniugi Petrillo è semplice, ma di estrema attualità: “Nei nostri figli non c’è niente di imperfetto, Dio ce li ha affidati così come sono, sono un dono”.

MiB

Pubblicato giovedì 23 Ottobre 2014 alle 00:02

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