Commento al Vangelo – 30ª domenica Tempo Ordinario – Anno A

L’amore non si può comandare. È sempre dono e si nutre di libertà

Domenica 26 ottobre – 30ª domenica Tempo Ordinario – Anno A
Es 22,20-26; Salmo 17; 1Ts 1,5c-10; Mt 22,34-40

Più leggo il Vangelo e più mi convinco che il linguaggio della fede imbocca puntualmente la strada del paradosso. Si può comandare l’amore? Posso amare per dovere? L’amore non ha a che vedere con parole quali libertà, gratuità, spontaneità? Per quanto possa sforzarmi, non riuscirò mai a impormi un sentimento che non provo, a costruirlo a tavolino. O forse l’amore impegna solamente la volontà ed esclude totalmente la libertà?

Credo che la tensione si giochi su equilibri delicatissimi. Mi ha colpito molto la scena di un film visto diversi anni fa. Un uomo ricchissimo, impersonato da un fantastico Robert Redford, cerca di comprare l’amore di una bellissima donna sposata, alias Demi Moore. A queste insistenze – pressapoco – l’attrice americana risponde così: “Avrai il mio corpo, le mie labbra, le mie stesse parole; con la forza riuscirai a strapparmi quello che invece vorrei trattenere, ma non avrai mai il mio cuore”.

No, l’amore non si può comandare, perché si nutre della libertà stessa di Cristo, il cui amore per noi, ha contemplato il rifiuto. Certo, è difficile per noi accettare che qualcuno non ci voglia bene, che sia indifferente ai nostri bisogni affettivi e che scelga qualcun altro al nostro posto. Ma se l’amore non si custodisce nella libertà e nella distanza, diventa costrizione. Allora credo, sull’esempio di Gesù, che l’espressione più alta e, per certi versi, più liberante dell’amore, sia l’ipotesi di un rifiuto, nel rispetto della libertà dell’altro.

Per essere amati, perché qualcuno ci dica “sì”, gioco-forza dobbiamo mettere in conto il rischio di ricevere un “no”. L’amore è sempre dono, e non una conquista, un merito, una pretesa. Amare senza essere corrisposti, la capacità di sostenere dei “no” dice il grado di maturità di una persona. E Gesù ce lo ha rivelato inequivocabilmente sulla croce, non imputando agli uomini il peso della loro ingratitudine. È, infatti, alla scuola dei tanti “no” che la vita inevitabilmente ci presenta, che impariamo a dire dei “sì” più grandi.

Alessandro Forte

Pubblicato giovedì 23 Ottobre 2014 alle 00:01

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