Commento al Vangelo – 25ª domenica Tempo Ordinario – Anno A

Dio paga tutti con la stessa moneta. Indistintamente

Domenica 21 settembre – 25ª domenica Tempo Ordinario – Anno A
Is 55,6-9; Salmo 144; Fil 1,20c-24.27a; Mt 20,1-16

In tempi di crisi, tra tagli e ridimensionamenti, cassaintegrazione e spostamento delle pensioni, tra mobilità e flessibilità, sorprende che in tempo di vendemmia ci sia una “vigna” dove il contratto lavorativo è davvero sui generis: al termine della giornata non contano le ore lavorative, ma il rispetto del contratto stabilito. Un contratto che non solo ci appare fuori da ogni logica aziendale, ma addirittura irritante.

Come si fa a pagare con la stessa retribuzione gli operai della prima ora, che hanno sopportato tutto il peso e la fatica della giornata lavorativa, e quelli dell’ultima ora che, a malapena, si sono sporcati le mani? Non ce la sentiamo di condividere la scelta di un padrone che non sembra rispettare le norme basilari della giustizia. Personalmente non mi fiderei mai di un rappresentante sindacale del genere che sembra trascurare il principio fondamentale della meritocrazia in nome di un egualitarismo sociale utopistico. Mi dispiace, Gesù, ma non hai proprio la stoffa del sindacalista e non lascerei mai curare i miei interessi da una persona come te! Come sempre, la parabola vuole mettere in crisi il nostro modo di pensare attraverso la logica irrazionale del paradosso.

Forse Dio è diverso dall’immagine che ci siamo fatti noi, operai assunti alla prima ora; l’immagine di un Dio “sprecone” pungola la nostra coscienza un po’ borghese, ma rianima la speranza dei falliti, degli sfiduciati. Credo allora che il cuore del Vangelo non sia da ricercare nella logica distributiva, basata sul principio del “dare e dell’avere”, tipico del nostro modo di vivere la fede, ma nel concetto di regno, quale luogo aperto a tutti, soprattutto a coloro che, con troppa supponenza, noi poniamo in fondo alla piramide delle nostre gerarchie sociali, spirituali.

Partendo dalla realtà economica, Gesù ci mostra che il Regno di Dio non ha prezzo e non è oggetto di contrattazione. Non è facile accettare un Dio così, che paga tutti con la stessa moneta. Indistintamente. Ma che bello un Dio che depone i panni del contabile e del ragioniere per indossare quelli di “padrone sprecone”! Sì, perché un Dio “contabile” o “ragioniere” non converte nessuno; semmai alimenta in noi quel senso inevitabile di frustrazione per una fede vissuta più come prestazione, anziché come dono.

Alessandro Forte

Pubblicato giovedì 18 Settembre 2014 alle 00:00

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