Testimonianze di ritorno dalla Terra Santa /3

“Signore, è bello stare qui, facciamo tre tende…”. Ho capito che non era un caso il trovarmi in quei luoghi

“Si parte, non si parte. Questo è il dilemma”. Cosa fare?

Mi hanno aperto il cuore le parole di monsignor Liberio Andreatta che riporto qui di seguito: “Dobbiamo andare in Terra Santa e pregare, pregare, pregare. La preghiera non è inutile, è la nostra unica azione vincente, unica in grado di spezzare la spirale dell’odio e della violenza: l’amore vince su tutto e non dobbiamo avere timore di essere messaggeri di pace”.

Non è facile descrivere i sentimenti e le emozioni che ho provato in questi otto giorni, tant’è vero che, come Pietro, Giacomo e Giovanni sul Monte Tabor anch’io ho detto: “Signore, è bello stare qui, facciamo tre tende…”. Ho capito che non era un caso trovarmi in quei luoghi. Il Signore mi aveva chiamato per vivere più intensamente la mia intimità con Lui e per elevare il mio sguardo verso il cielo.

Certo, dal Tabor dobbiamo scendere. Non possiamo fuggire dalle difficoltà. Solo lo Spirito di Dio può trasfigurare la nostra esistenza.

Nazareth, l’Annunciazione. Qui si è compiuto il nostro destino, il cielo e la terra si sono uniti. Gesù si è incarnato ed è venuto in mezzo a noi. Sono stati belli i momenti di preghiera, adorazione, processione con l’immagine della Vergine. Di fronte alla grotta dell’Annunciazione, pregando lo Spirito Santo, ho rinnovato il mio sì alla fedeltà in Gesù.

Maria ci sta davanti come modello della nostra fede. “La condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore”. Il momento della Messa nel deserto e della meditazione personale è stato molto forte. Il deserto può fare paura, ma è il luogo che ci mette in pace, in silenzio, per sentire la voce di Dio. È molto importante fare deserto anche nella nostra quotidianità, per gustare l’amore di Dio.

Sulle rive del Giordano abbiamo rinnovato le promesse battesimali che ci hanno permesso di chiedere perdono al Signore di tutte le nostre infedeltà.

Il Santo Sepolcro, la tomba vuota del nostro Signore risorto, il calvario, la pietra dell’unzione. Abbiamo celebrato la Messa di fronte alla tomba vuota. È stata così grande l’emozione, che il cuore batteva tanto forte e le lacrime scendevano copiose. Non mi sentivo degna di tanto amore, ma tanto povera e misera. Una grande pace è scesa dentro di me. Grazie Gesù. Non ci sono parole per descrivere il ricevere Gesù nel cuore, in quel luogo.

Gesù è vivo, Gesù è risorto anche nel nostro buio. Questo noi lo abbiamo vissuto. Ora dobbiamo avere la forza di non dimenticare ciò che il Signore ha seminato nei nostri cuori attraverso questo quinto Vangelo vissuto. Imitare Maria, giorno per giorno, e lasciarci sedurre da Gesù.

Un grande grazie ai nostri sacerdoti don Firmin, don Tarcisio, don Alfio Rossi e al diacono Luciano Veneri. Il gruppo è stato molto unito ed è nata una bella amicizia nel Signore. Ci è mancata la presenza del nostro vescovo Douglas, ma l’abbiamo sentito sempre molto vicino.

Ed ora inizia un altro pellegrinaggio, più importante. Come dice papa Francesco: “Siate quell’asinello che porta Gesù alle persone”.

Lora Lelli

Pubblicato giovedì 21 Agosto 2014 alle 00:03

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