“Solo quando una persona si sente amata, può dare qualcosa di buono. Ripagare il male con il male non è giustizia. È vendetta”

Caro direttore,
nella sua risposta a Carmelo Musumeci (cfr. Corriere Cesenate n. 28 del 17 luglio scorso) mi è parso troppo indulgente e anche troppo comprensivo con l’ergastolano. Non ho mai notato, nei testi di Musumeci che lei ha proposto ai lettori, un solo pensiero o una sola parola per le vittime dei suoi delitti. Se gli hanno dato il “fine pena mai” un motivo ci dovrà pur essere. Non crede, caro direttore?

Saluti cordiali.

Lettera firmata

Carissima lettrice,
sono molto convinto che non si possa lasciare un uomo senza speranza. Non si possono girare le chiavi e poi buttarle via. Sono giunto a questa convinzione dopo aver frequentato diverse volte le carceri e aver parlato con uomini come noi. Assolutamente come noi. Ma non sto qui a tirala in lungo. Lascio lo spazio a Nadia Bizzotto della comunità Papa Giovanni XXIII che molto più di me consoce il mondo delle carceri e di chi vive dietro le sbarre. Devo a Nadia la conoscenza e la corrispondenza con Carmelo Musumeci.

Francesco Zanotti
zanotti@corrierecesenate.it

Caro Francesco,
tento una risposta. Premetto che forse mi si può dire che sono di parte, ma è anche vero che io conosco Carmelo più di altri e conosco un po’ di più la natura del suo cuore, libero dalle maschere che lui si crea quando pensa di doversi difendere dal mondo intero. Facendo un attimo un discorso più generale, è il caso di ricordare che una pena che esclude per sempre un uomo dalla possibilità di essere un giorno (anche lontano, per carità) una persona nuova, rinata, redenta, è contraria al senso di umanità. È pura vendetta, non è mai giustizia.

Ripagare il male con il male è vendetta, non giustizia. Giustizia è non solo ridare dignità alla vittima e ai familiari (e troppo spesso questo non accade perché ci piace di più accanirci col cattivo che soccorrere chi è ferito…). Il male purtroppo fa sempre più colpo e più notizia del bene. Giustizia è anche recuperare un uomo e restituirlo alla vita e alla società, come bene mancante (per dirla alla don Oreste). Giustizia è anche “Non dire mai a un uomo: io ti butto via per sempre” (per dirla all’Agnese Moro). Non dobbiamo mai scambiare la giustizia con la vendetta. La vendetta è comprensibile per chi subisce un reato, ed è profondamente ferito, ma se ci siamo dati uno Stato di diritto e non la legge di “forca per forca” ci sarà un motivo… La vendetta è “giustificata” (e comprensibile) nel cuore della vittima, ma non nella mani di uno Stato che dovrebbe custodire e rieducare (questo è il senso anche della nostra Costituzione, art. 27) un cittadino che ha sbagliato, anche gravemente.

Perché faccio questo lungo preambolo? Perché è importante capire che l’ergastolo (soprattutto quello ostativo) è una vendetta legalizzata, è una vendetta e una sconfitta di tutti noi. Capire questo ci toglie dall’ipocrisia di crederci buoni e bravi, perché t’assicuro che una delle prime cose che ho capito in tutti questi anni che dentro non ci sono i “mostri”, o “bestie”, ma ci sono persone normali, che per essere nati in posti sbagliati, in contesti sbagliati, o per cultura, hanno fatto scelte devianti. Certo, la responsabilità personale c’è sempre, ma non sempre si è veramente liberi di scegliere. E per me è stato sconvolgente capire che dentro potremmo finire tutti, che dentro potresti trovare il tuo vicino di casa, il tuo compagno di scuola, il tuo prossimo che non avresti mai immaginato… Se io non fossi nata nel miracoloso nord est, se non avessi avuto la famiglia che ho, se non avessi incontrato don Oreste, forse oggi anch’io potrei essere dall’altra parte…Chi lo può dire.

La gente non vuole capire, eppure papa Francesco una delle prime cose che ha fatto è stato abolire l’ergastolo in Vaticano. Ma in Vaticano non ci sono ergastolani. Forse allora voleva solo dare l’esempio, darci un messaggio. Eppure non si vuole capire. Di carcere e di detenuti la gente non vuole sentir parlare. È meglio pensare che sono dei mostri e che la miglior giustizia è la vendetta. E se provi a dire che, soprattutto con le leggi degli ultimi anni, in carcere ci potremmo finire tutti, apriti cielo! Siamo tutti brava gente che con la galera non ha niente da spartire! Io non ho la pretesa di aver capito tutto dalla vita, ma di sicuro ho imparato (e sulla mia pelle) che non è vero che certe cose succedono solo agli altri. Sto cercando di dirti che se al male rispondiamo col male, creiamo altra violenza e cattiveria.

È difficile che uno si penta (nel senso che intendiamo noi, perché bisogna sempre tenere conto che il cuore dell’uomo è imperscrutabile, solo Dio conosce l’uomo fino in fondo) quando si sente a sua volta vittima di un mondo che si è accanito contro di lui e che si sta vendicando. Solo quando uno si sente amato, può dare qualcosa di buono. Carmelo dice che il perdono è la migliore vendetta che una società può dare, perchè fa incredibilmente tirare fuori il senso di colpa per il male fatto. Solo se uno smette di sentirsi in guerra capisce che uccidere è un male.

Nadia Bizzotto
Comunità Papa Giovanni XXIII

Pubblicato giovedì 21 Agosto 2014 alle 00:05

2 risposte a ““Solo quando una persona si sente amata, può dare qualcosa di buono. Ripagare il male con il male non è giustizia. È vendetta””

Commenti

  1. Lorenzo Pozzati 25 Ago 2014 / 10:49

    “Ripagare il male”, la trovo una frase malposta. Forse sarebbe più corretto parlare di (tentare di) “contrastare”, il male. Condivisibile al 100% che non si debba lasciare un uomo senza speranza e senza tentare un recupero.

  2. ANNA Buono 05 Set 2014 / 11:24

    Io frequento la comunità Giovanni XXIII, nel progetto alternativo alle carceri. Una comunità che accoglie una quindicina di persone, giovanissimi e meno giovani.
    E’ una grandissima lezione di vita per me, sentire i loro problemi, vedere la loro fatica e il loro impegno per rieducarsi, per ritornare ad essere inseriti nella società.
    Avvicinarsi a loro è come specchiarsi negli occhi dei nostri figli, dei nostri amici, di noi stessi. Tutti possiamo sbagliare, se non lo abbiamo fatto e non siamo finiti in carcere, spesso non è solo merito nostro, a volte del caso, spesso della nostra famiglia che ci ha sorretto, dell’ambiente in cui siamo cresciuti.
    Alle persone che sbagliano, spesso manca il supporto della società, sono emigranti in cerca di un ultima possibilità di vita, spesso di morte.
    Sono ragazzi, i nostri figli a cui mancano ideali e sogni, di un lavoro, di un futuro. Di chi è la colpa ?
    Penso che dobbiamo tenere presente che chi crede in Dio, lo deve ritrovare in ogni uomo.Anche in chi ha sbagliato.
    Fine pena mai, è un modo ipocrita per mascherare la pena di morte.Eliminiamo queste persone dal genere umano. AMEN

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