Commento al Vangelo – 16ª domenica Tempo Ordinario – Anno A

Il grano e la zizzania. Nessuno coincide con il suo peccato

Domenica 20 luglio – 16ª domenica Tempo Ordinario – Anno A
Sap 12,13.16-19; Salmo 85; Rm 8,26-27; Mt 13,24-43

Nella sua lunga storia, la Chiesa ha sempre dovuto affrontare la tentazione di sentirsi la Chiesa dei puri, contrapposta al mondo dei malvagi. Tentazione che rischia di insinuarsi più o meno velatamente ogni qualvolta impugniamo la verità con arroganza, senza porci in un atteggiamento di confronto e di misericordia.

Ma la Chiesa del Signore, venuto a cercare i peccatori, non può essere una realtà perfetta, incontaminata, avulsa dalle debolezze costitutive della condizione umana. Ci piaccia o non ci piaccia, nella Chiesa di Dio convivono grano e zizzania, bene e male, luce e tenebra, santità e peccato.

Il guaio è che quando si pensa al male, lo si pensa istintivamente concentrato solo da una parte. E la tentazione è quella di distruggerlo. È la logica della “pulizia etnica”, dell’uso sistematico delle maniere forti per estirpare la radice del male che, guarda caso, è sempre presente nell’altro da me. Chissà quante volte, di fronte ai tanti disordini sociali e morali che riempiono le pagine dei quotidiani, vorremmo un Dio castigatore, pronto a raddrizzare le cose storte! E siccome le nostre aspettative vengono puntualmente disattese, nasce in noi il dubbio: forse Dio è disinteressato alle vicende degli uomini o, peggio ancora, è impotente.

La parabola ci invita a guardare la realtà contraddittoria in cui viviamo con sano realismo. Dio sa che, in tutti, il bene e il male sono strettamente intrecciati. E distruggere la zizzania vorrebbe dire distruggere anche il grano: fuor di metafora, distruggere il male sarebbe distruggere l’uomo. Forse non è neppure totalmente vero che convertirsi significa sradicare tutta la zizzania da me, ma accettare che le luci e le ombre presenti in me si aprano all’invocazione propria del pellegrino russo: “Signore Gesù Cristo, pietà di me, peccatore!”.

La conversione, allora, vuol dire assumere uno sguardo positivo sul mondo, congedarsi dalla mentalità disfattista e catastrofica del nostro tempo. Sì, perché nessun uomo coincide con il suo peccato o con le sue ombre, ma con le sue lente maturazioni. Davanti a Dio – ed è questa la lieta notizia del Vangelo – una spiga di buon grano conta di più di tutta la zizzania del campo: la potenzialità del seme buono gettato nel mio cuore viene prima delle erbacce che tentano di soffocarne la crescita.

Alessandro Forte

Pubblicato giovedì 17 Luglio 2014 alle 00:01

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