Dino Zoff: “L’allenatore è un educatore. Deve essere un punto di riferimento per i suoi ragazzi”

Carissimi lettori, di seguito lascio spazio con vivo piacere alla prefazione al libro (assolutamente da leggere!) di Lorenzo Galliani “Un assist dal cielo” (cfr. pagina 19) scritta dal campione del mondo 1982, il portiere della Nazionale di calcio, Dino Zoff. Le riflessioni dell’ex numero 1 azzurro colgono nel segno soprattutto guardando a quanto accade, purtroppo sempre più spesso, sui terreni di gioco e sugli spalti degli stadi italiani, ma anche dei nostri campetti di provincia.

Si tratta di considerazioni che possono valere anche per i tornei fra parrocchie. Chi ha orecchi da intendere…

Ciascuno, a cominciare dal sottoscritto, faccia un sereno esame di coscienza.

Francesco Zanotti
zanotti@corrierecesenate.it

Non dimenticherò mai quando Giovanni Paolo II mi prese da parte: «Anch’io ho giocato in porta – disse –, è un ruolo di grande responsabilità, sa?». Fu uno scambio di poche parole, ma familiare. Di Papa Francesco, poi, mi ha subito colpito la semplicità, il suo essere così diretto e vicino alla gente.

Vengo da una famiglia cattolica, con basi solide di fede e certamente non bigotta. Mio padre, dopo cinque anni di guerra e due di prigionia, tra Africa, Albania e Jugoslavia, ringraziava il cielo per essere tornato a casa. E io oggi ringrazio mio padre: credo che la fede sia di grande aiuto per la vita di tutti i giorni. La Bibbia ha insegnamenti sempre attuali e, in particolare, il libro dell’Ecclesiaste trasmette valori, dalla serietà alla dignità, che considero molto importanti. Anche quando si devono affrontare grandi impegni sportivi, come ad esempio i mondiali, e si è concentrati solo sulle partite, credo non sia impossibile trovare spazio per una dimensione spirituale che aiuti a non perdere la misura delle cose.

Giocare a calcio significa rispettare delle regole, rispettare un giudice, l’arbitro. Significa saper vincere e saper perdere, mettendo da parte le antipatie interne alla squadra perché bisogna restare uniti. Il calcio è assieme sport e spettacolo, anche se, purtroppo, oggi sembra prevalere – e di molto – la seconda componente. Troppe volte assistiamo, sui campi e fuori, a vere e proprie sceneggiate. Vent’anni fa segnalavo come fossero aumentate le simulazioni in area di rigore: non mi sembra sia cambiato qualcosa, no? Però sono trucchetti, non hanno nulla a che vedere con lo sport. Oppure penso anche ai balletti inscenati dopo un gol. Non c’è nulla di spontaneo, in tutto questo: molte coreografie sono state evidentemente preparate prima della partita, per esibizionismo. A me sembra una mancanza di rispetto: se un attaccante, dopo avermi segnato una rete, si fosse messo a danzare davanti alla mia porta, sbeffeggiandomi, non so come lo avrei trattato (ma sicuramente non bene).

Se perfino tanti adulti, professionisti e non, mettono in pratica questi comportamenti, come possiamo spiegare ai più giovani che gli avversari vanno affrontati, ma non umiliati? Eppure attraverso il calcio si deve poter educare, ed in effetti tanti ci riescono. Ma è più facile a dirsi che a farsi. Ritorniamo al caso delle simulazioni, per esempio: oggi se un ragazzo di vent’anni si butta in area, ingannando l’arbitro, si trova ad avere i complimenti dell’allenatore e l’ammirazione della propria tifoseria. Ma l’allenatore deve essere anche un educatore, deve essere un punto di riferimento per i suoi ragazzi. È una responsabilità importante, che va ben oltre la semplice preparazione atletica e tecnica. Più in generale, credo che tutto lo sport debba servire a farci crescere come persone. Altrimenti, perché mai si dovrebbe iscrivere un bambino a una scuola di calcio?

Dino Zoff

Pubblicato giovedì 12 Giugno 2014 alle 00:01

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