Il particolare Natale vissuto a Pechino, in Cina. La testimonianza di uno studente cesenate

Caro direttore,
a Pechino non si festeggia il Natale. In Cina non si festeggia il Natale. Questo è quello che generalmente si immagina. La distanza culturale e spaziale con l’Italia è in effetti enorme. Le vie illuminate a festa sono ben poche se si considerano i 20 milioni di abitanti della capitale cinese, però ci sono.

Per respirare l’atmosfera natalizia bisogna andare nei quartieri internazionali, nei quali gli occidentali più facilmente possono ritrovare le tradizioni di casa.

Le tradizioni culinarie, dalla pasta al formaggio, sono piuttosto semplici da replicare. È sufficiente esportare i nostri prodotti in un Paese così lontano, ma al giorno d’oggi al contempo anche vicino. Con il Natale tuttavia non è così semplice.

Alberi dai mille colori, musiche natalizie e messaggi d’auguri non mancano nei supermercati e nei ristoranti più europei; ma tutto questo non convince. A colpirmi non è stata tanto la dimensione consumistica, ugualmente diffusa anche in Italia, quanto piuttosto l’artificiosità della festa. Si ha infatti l’impressione che il Natale sia stato importato solo nella sua componente di esteriorità; in un contesto culturale tanto diverso dal nostro è stata sacrificata la sua origine religiosa e spirituale.

È indubbio che l’atmosfera natalizia predisponga più facilmente ciascuno di noi al ricordo e alla celebrazione della nascita di Cristo, tuttavia l’incontro con il Signore nasce dentro di noi. Con questa consapevolezza vivere il Natale è possibile nonostante il rischio di farlo scorrere passivamente come una giornata qualsiasi. Nelle quindici chiese cattoliche di Pechino si sono raccolti fedeli di tutto il mondo. La sera della Vigilia ho potuto ascoltare canti natalizi in inglese, latino e cinese nella chiesa di Saint Joseph e per un momento è sembrato che le migliaia di chilometri di distanza da casa si fossero annullate. Il giorno successivo la messa in inglese mi ha dimostrato ancora una volta come la Fede non conosca confini e ci consenta di superare le distanze con il nostro prossimo, di qualunque lingua e cultura.

Il Natale è Natale in tutto il mondo, basta non dimenticarne il significato di gioia e di speranza per poterlo rivivere e testimoniare ovunque ci si trovi.

Emiliano Zavagli

Carissimo Emiliano,
grazie infinite per la tua testimonianza dalla Cina. Ci hai fatto vivere un po’ del clima che tu hai visto e vissuto per la prima volta in un Paese così diverso dal nostro. Eppure, come ben scrivi anche tu, la fede non consoce confini. La fede annulla le distanze e fa sentire fratelli. D’altronde, se uno solo è il Padre, noi tutti non possiamo che essere fratelli.

E poi, il Natale è Natale in tutto il mondo: il resto dipende da noi, dallo spazio che lasciamo dentro di noi a quel Bambino che non solo ricordiamo il 25 dicembre, ma facciamo rivivere in noi, ogni giorno. È quel Dio fatto carne che dà senso al nostro agire umano. Lui che ha dato la sua vita per noi, perché fossimo salvati per mezzo di Lui. Non possiamo non riconoscere questi fatti straordinari e non possiamo non riconoscere che da Lui siamo stati pensati e Lui dobbiamo rendere tutti i doni ricevuti.

Non importa la latitudine. Non importa con chi ci si trova, come ci fai comprendere anche tu, carissimo Emiliano. Ciò che conta è il cuore dell’uomo, di ognuno di noi. “L’incontro con il Signore nasce dentro di noi”, come annoti nella tua email, per la quale ti ringrazio ancora. Torna a scriverci e raccontaci della Cina e di questa tua esperienza da studente internazionale.

In bocca al lupo per tutti i tuoi studi e per il futuro.

Francesco Zanotti
zanotti@corrierecesenate.it

Pubblicato giovedì 3 Gennaio 2013 alle 00:01

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