San Giovanni: un capolavoro “ritrovato”

Conservato nella sacrestia della Cattedrale di Cesena, si tratta di un dipinto di piccole dimensioni del santo patrono risalente al 1570 circa. L’esperto Alex Cavallucci lo ha attribuito al forlivese Livio Agresti

Un piccolo gioiello, un tesoro del XVI secolo che si è materializzato come tale grazie all’intuizione di un artista e ricercatore cesenate, Alex Cavallucci. Si tratta di un piccolo dipinto (olio su rame), di 18 centimetri per 12, che raffigura san Giovanni, attribuito a Livio Agresti (Forlì 1508 – Roma 1579).

Il dipinto è sempre stato nella sacrestia della Cattedrale a Cesena ed è l’unica opera attribuibile ad Agresti che si trova in città, mentre altri esempi si trovano nella sua città natale, Forlì. Se fosse messo all’asta, potrebbe essere quotato attorno a 150mila euro.

San Giovanni Battista

Nel 2007 Pietro Turci, responsabile dei beni artistici della Diocesi di Cesena- Sarsina, ha coinvolto Cavallucci per valutare lo stato di conservazione di due dipinti facenti parte della collezione della curia. “In quel frangente – spiega Cavallucci – mi sono accorto di questo piccolo quadro incastonato in una cornice degli inizi del Novecento. Mi sono offerto di ripulirlo rimuovendo un’antica vernice protettiva molto ingiallita e successivamente ho proceduto all’aggiunta di pigmento in piccolissime parti del dipinto. In generale posso affermare che il quadro era in condizioni di conservazione ottimali, data l’epoca di esecuzione e il supporto metallico che non favorisce l’assorbimento del colore. Ho capito subito che si trattava di un Agresti e, dopo un confronto con l’esperto Giordano Viroli di Forlì, ho deciso di rendere pubblica questa importante aggiunta al catalogo del pittore forlivese”.

I riferimenti

Il dipinto, di proprietà della Diocesi di Cesena-Sarsina, raffigura San Giovanni Battista ed è stato eseguito da Livio Agresti in una fase avanzata della sua attività. È databile verso la fine degli anni sessanta del Cinquecento, fra il 1568 e il 1573 circa, anni in cui l’Agresti si trovava impegnato tra Tivoli e Roma, al tempo della realizzazione della bella Pala Pellucchi in Santa Maria della Consolazione. Un dipinto su rame raffigurante la Madonna incoronata dal Bambino con i Santi Pietro e Paolo in collezione privata a Castelfranco Emilia (Giordano Viroli, Pittura del ’500 a Forlì, tav 43, pag. 22) è il riferimento più significativo per questo San Giovanni. Tutto il lavoro di ripulitura, ma soprattutto di ricerca storica, è stata compiuto gratuitamente da Cavallucci a favore della Diocesi e della città di Cesena.

Tocchi di luce

“Sebbene il dipinto di Castelfranco sia più d’effetto e articolato, nel San Giovanni di Cesena si può intuire una maggiore maturità dell’artista che si risolve in una raffigurazione più rigidamente controriformata del Santo, sebbene i piccoli tocchi di luce sulla vegetazione in basso a sinistra della Madonna Incoronata siano gli stessi di quelli nel dipinto di Cesena. Quest’ultimo è inoltre impreziosito da una corona miniata in oro zecchino sopra il capo dell’agnello ai piedi del Santo e caratterizzato da un pentimento che denota l’originalità dell’invenzione nella tarda maniera di Agresti. Il pentimento è riaffiorato durante la pulitura del quadro nella parte superiore del panneggio sotto il braccio di Giovanni. Non solo i piccoli arbusti che si ripetono con la stessa delicatezza d’esecuzione in entrambi i quadri su rame possono essere un valido motivo per attribuire il dipinto in esame a Livio Agresti, ma lo sono in modo ancora più convincente i cartigli presenti nei quattro dipinti raffiguranti il Battista: il San Giovanni Battista nella chiesa di Santa Maria Maggiore di Collescipoli (Giordano Viroli, Pittura del ’500 a Forlì, tav 41, pag. 21), le due Decollazioni del Battista nell’Oratorio della Misericordia ad Amelia (Terni), (Giordano Viroli, ibidem, tav 52, pag. 29.) e nella Colleggiata di Santa Maria Assunta a Lagnano in Teverina (Terni), (Giordano Viroli, ibidem tav 53, pag. 29) e il San Giovanni Battista qui proposto”.

I toni freddi dell’azzurro e del verde scendono sfumando verso un orizzonte immaginario di prati collinari e arbusti bassi che si ravvivano nella gamma dei delicati azzurri e dei bianchi, una immaginaria e “fantastica” testimonianza della campagna romana, che funge cornice a San Giovanni Battista, patrono della città di Cesena.

Attribuzioni complicate

Cavallucci aggiunge che non è sempre compito facile attribuire le opere su rame ad artisti noti, a meno che non si tratti di dipinti di grandi maestri e, come questo prezioso quadro nella diocesi cesenate dimostra, spesso vengono considerati semplici miniature eseguite da abili artigiani. Non è però affatto raro trovare questi piccoli capolavori nei più importanti musei del mondo o nelle aste di dipinti antichi, ove spesso registrano cifre di vendita ragguardevoli. Un esempio è il bellissimo San Francesco di Guido Reni, su lastra di rame, che appare al visitatore appena entrati nella Pinacoteca Nazionale di Bologna.

“Il quadro d’Agresti – conclude Cavallucci – raffigura il Santo Patrono della nostra città e non si trova casualmente nella Cattedrale intitolata al Santo, sebbene occorra ammettere che non siamo informati della sua origine e della sua vicenda collezionistica. L’opera è certamente di tipo devozionale e non sembra essere destinato inizialmente a una cappella. E’ stata dipinta molto probabilmente a Roma, per cui si può supporre sia arrivata a Cesena in epoca successiva alla sua esecuzione. Si potrebbe pensare che sia stato un Papa cesenate devoto al Battista a portare il dipinto in Duomo durante il pontificato o che lo abbia donato alla chiesa dove tuttora si trova. Meno suggestiva, ma più probabile, è l’ipotesi che il dipinto sia stato donato da un vescovo cesenate durante il suo mandato nella diocesi”.

Pubblicato venerdì 19 Giugno 2009 alle 00:00

Una risposta a “San Giovanni: un capolavoro “ritrovato””

Commenti

  1. tosi ettore 20 Giu 2009 / 21:57

    complimenti al ricercatore.Anchio ho un piccolo rame ovato
    raffigurante S.Francesco alla verna di buona mano e cinquecen
    tesco di difficile attribuzione.Comunque concordo che i piccoli
    dipinti di devozione privata sono di mano di grandi artisti perchè allora commissionati dall’alta borghesia e dal clero di alta sensibilità e qualifica soltanto.

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