Moschea? Prima fatevi dire l’imam

A colloquio con padre Samir, a margine della marcia della Pace 2008

“Se si vuole pensare alla costruzione di una moschea, occorre sapere subito chi sarà l’imam”. Come di consueto, parla molto chiaro padre Samir Khalil Samir, presente a Cesena in occasione della Marcia della pace del primo gennaio.

La sua testimonianza, resa in una cattedrale gremita di gente, ha suscitato molto interesse e posto ulteriori interrogativi che abbiamo approfondito nel corso di questa intervista.

“E’ molto importante – prosegue il gesuita, docente di storia della cultura araba e di islamologia all’Università di Beirut – conoscere chi sta dietro al progetto della moschea. Bisogna sapere chi finanzia la costruzione di quest’opera, avendo ben presente che se si tratta dell’Ucoii (la sigla che raggruppa diverse organizzazioni islamiche in Italia, ndr), spesso questa organizzazione viene sostenuta economicamente dall’Arabia Saudita. Sarebbe bene, invece, che questo luogo di culto, se viene costruito a Cesena, fosse degli islamici di questa città, imam compreso”.

Gente che vive e opera nel nostro territorio?
Ci vogliono persone integrate e buoni musulmani. Il controllo è molto importante. Pensi che in Egitto le moschee sono controllate con le telecamere, mentre nessuna chiesa è controllata. La moschea non è la chiesa dei musulmani. E’ un luogo diverso, che ha caratteristiche diverse e una diversa influenza. Basta tenere presente che l’ultima intifada a Gerusalemme è partita di venerdì, il giorno di festa per i musulmani, e dalla spianata delle moschee.

Cosa si può fare in merito?
I musulmani si devono rendere conto che se desiderano vivere in Occidente, i luoghi di culto devono rispondere a determinate caratteristiche. Dovete tenere ben presente che una grande moschea diventa un simbolo per molti musulmani. L’autentico bisogno del fedele di religione islamica è quello legato alla preghiera personale, non tanto alla frequentazione della moschea. E nella moschea si affrontano tutti i temi dell’attualità politica e religiosa.

E’ possibile un controllo?
Sarebbe bene che nella moschea si usasse la lingua italiana. La preghiera, di solito molto breve, può anche essere in arabo, ma il discorso seguente deve essere pronunciato nella lingua nazionale dello stato ospite. Quando si usa l’arabo significa che l’imam, con ogni probabilità, viene dall’estero e non è di certo integrato e non cerca l’integrazione. Anzi, giudica questa società cattiva. Occorre puntare sui bambini nati in Italia: loro si devono sentire italiani a tutti gli effetti. Bisogna favorire l’integrazione con corsi di cultura italiana, non di cultura araba. La città deve avere come obiettivo quello di creare cittadini di una stessa comunità, con un’appartenenza avvertita da tutti. Occorre fare comprendere che i musulmani praticano una religione diversa, ma si tratta sempre di italiani, anche se di fede islamica. Ma sempre cittadini italiani.

E’ reale il rischio di un’invasione islamica?
I singoli fedeli non hanno questo pensiero. Le associazioni islamiche sì. Attenzione anche ai matrimoni misti: alle donne islamiche non vengono recapitati i certificati di stato libero e di solito si va verso l’abbandono del cristianesimo.

E prestare i locali, per esempio quelli parrocchiali, per i ritrovi o per la preghiera?
A suo avviso è possibile?

Una volta che gli islamici hanno ’celebrato’ in un locale, quel luogo si pone sotto il dominio dell’Islam.

Non si sta laicizzando il mondo islamico?
No. Accadeva fino a qualche anno fa. Ora non è più così. Anzi, accade il contrario. In Egitto molte donne indossano il velo o il burqa, mentre fino a qualche tempo non se ne vedevano. La tendenza è all’islamizzazione. Si parla di risveglio islamico che va di pari passo col fanatismo islamico. Si teorizza che l’Islam sarebbe la religione del futuro.

Quali prospettive per il futuro?
Tutto il mondo islamico si sente umiliato. Viene da secoli di marginalità culturale, storica e politica, e da decenni di pressione, se non oppressione, occidentale. Credo che occorra fare riflettere i singoli fedeli islamici sulle brutte figure che la loro religione sta facendo in giro per il mondo. E’ vero, ci sono anche fanatici cristiani, ma di certo non vanno a compiere attentati terroristici in lungo e in largo nel pianeta. Se mi consente un’ultima battuta, direi così: occorre fare capire che il vero martire è colui che sacrifica la sua vita senza togliere quella degli altri. Dio non ha bisogno di essere difeso con la violenza.

Francesco Zanotti
Pubblicato mercoledì 16 Gennaio 2008 alle 17:30

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